Perché il Flatiron Building di New York ha la forma di un ferro da stiro

Flatiron Building Madison Square Park – Foto Matthias Oberholzer via Unsplash

Il Fuller Building, meglio conosciuto come Flatiron Building, è uno storico grattacielo di Manhattan celebre per la sua pianta triangolare e la forma affusolata che, nello sviluppo in altezza, ricorda quella di un ferro da stiro. Inaugurato nel 1902 su progetto degli architetti Daniel Burnham (allievo di William Le Baron Jenney e tra i principali esponenti della Scuola di Chicago) e Frederick Philip Dinkelberg, fu realizzato come edificio commerciale in stile Beaux-Arts. Originariamente alto 87 metri per 21 piani (incluso l’attico), fu sopraelevato nel 1905 fino a raggiungere i 22 piani e i 94 metri complessivi.

Il profilo distintivo e insolito, unitamente alla facciata in revival rinascimentale dietro alla quale era celato lo scheletro portante in acciaio, resero ben presto il Flatiron Building uno dei landmark più riconoscibili della città, immortalato in cartoline, dipinti, fotografie, film e serie TV (tra queste ultime, Friends e la recente The Boys).

Flatiron Building e District a Manhattan

Il Flatiron Building di New York venne costruito come sede principale della George A. Fuller Company, impresa appaltatrice di Chicago, al civico 175 di Fifth Avenue, all’angolo con la Broadway e la 22ª Est. In questo punto, dove la famosa strada dei teatri intercetta diagonalmente la Avenue Grid di Manhattan (Broadway è una delle poche arterie newyorkesi a non seguire lo schema a griglia né ad avere un numero), si era venuto a creare un piccolo isolato triangolare.

L’architetto Daniel Burnham dovette quindi adattare il progetto al particolare lotto sfruttando ogni centimetro disponibile. L’area, acquisita dalla proprietà nel 1901, era già nota come “Flat Iron” per via della sua conformazione, ma l’idea di costruirvi proprio un grattacielo suscitò inizialmente perplessità: i detrattori si riferivano all’edificio con l’espressione sprezzante “Burnham’s Folly” (la pazzia di Burnham), convinti che la combinazione tra pianta triangolare e sviluppo in altezza ne avrebbe compromesso la stabilità, soprattutto per effetto delle forti correnti d’aria generate all’intersezione di due tra le strade più trafficate della grande mela.

Una circostanza ben nota all’epoca, tanto che la polizia era costretta a presidiare costantemente l’incrocio per allontanare gruppi di uomini appostati, attratti non tanto dall’architettura quanto dalle gonne che, sollevate dal vento, lasciavano intravedere le gambe delle passanti.

Flatiron Building foto panorama Madison Square Park
Il Flatiron Building in uno scatto panoramico risalente agli anni 10 del ‘900 – Foto Detroit Publishing Co. (Library of Congress) via Wikimedia Commons

Burnham, forte dell’esperienza maturata con edifici alti come il Monadnock Building e il Reliance Building di Chicago – progettati anni prima insieme allo storico socio John Root – completò la costruzione in appena un anno, grazie all’impiego di una struttura portante in acciaio solidissima (calcolata per resistere a sollecitazioni ben superiori alla media) e di elementi prefabbricati assemblati in loco; questa soluzione consentì anche di non bloccare il traffico lungo le arterie adiacenti durante i lavori.

Una volta terminato, il Flatiron Building divenne in poco tempo uno dei punti di riferimento del centro di Manhattan, contribuendo a definire l’identità urbana del quartiere che prende appunto il nome di Flatiron District. Situato all’estremità sud di Madison Square Park, all’incrocio con la 23ª strada, l’edificio segna il confine tra Midtown e Downtown Manhattan svettando direttamente dal piano strada con la sua inconfondibile sagoma e fungendo da cerniera urbana tra le due aree della città.

Flatiron Building: architettura e struttura

Daniel Burnham (1846–1912), architetto e urbanista, abbracciò i canoni neoclassicisti dell’École des Beaux-Arts diventando uno dei protagonisti del City Beautiful, movimento che si diffuse in tutto il Nord America tra il 1890 e il 1920. Fu direttore dei lavori per i padiglioni americani della Columbian World Exposition di Chicago del 1893, edifici temporanei che presentavano strutture lignee classicheggianti, riccamente rifinite e decorate con stucchi bianchi.

Un linguaggio architettonico che guardava ancora al passato e che, non senza suscitare critiche, si contrapponeva al registro più sperimentale e funzionalista allora emergente a Chicago. Tra gli edifici alti e più rappresentativi in stile Beaux-Arts di Daniel Burnham, spiccano il Conway Building di Chicago (1912–1917) e, naturalmente, il ben più celebre e riuscito Flatiron Building di Manhattan.

flatiron building apparato decorativo
Flatiron Building, apparato decorativo della facciata – Foto Cosy Nottingham via Unsplash

Rivestito in pietra calcarea alla base, mattoni nei piani centrali e terracotta smaltata nei registri superiori, l’edificio sfoggia un ricco apparato decorativo d’ispirazione rinascimentale franco-italiana. La facciata è impreziosita da ghirlande ornamentali, mascheroni, lesene, motivi classici e ovali che si distribuiscono lungo tutta la superficie esterna, accentuando la verticalità della struttura e conferendole un’estetica tipicamente Beaux-Arts.

In corrispondenza della punta, l’angolo più acuto (di circa 25°) della pianta triangolare su cui lo stabile è impostato, la larghezza si riduce a soli due metri; questo sottile spigolo si protende verso Madison Square Park, amplificando l’effetto scenografico della silhouette dell’edificio. Burnham scelse di arrotondarne gli angoli per evocare, a seconda della prospettiva, l’immagine di una colonna greca piantata nel cuore di Manhattan. Una presenza così riconoscibile e suggestiva da essere entrata nell’immaginario collettivo: protagonista di campagne pubblicitarie, vignette, gadget, cover di magazine, ma anche immortalata nei celebri scatti dei fotografi Edward Steichen e Alfred Stieglitz, e nei dipinti di Childe Hassam (impressionista) e Albert Gleizes (cubista).

Benché fosse tra i grattacieli più alti della New York di inizio Novecento – il più elevato a nord del Distretto Finanziario e il primo a sorgere oltre Union Square – non fu il primo a impiegare la struttura portante in acciaio, soluzione già adottata nel 1889 dai progettisti del Tower Building. Sarebbe pertanto più opportuno definirlo uno dei primi “tall buildings” in stile Chicago School di New York: un volume compatto e continuo, articolato in base, fusto e coronamento (un cornicione aggettante in sommità), secondo una scansione tripartita che riecheggia la composizione della colonna classica. Al contrario, nei grattacieli newyorkesi tradizionali – soprattutto dopo l’ordinanza del 1916 – la torre arretra rispetto al perimetro del lotto, lasciando avanzare verso la strada solo il basamento, in modo da ridurre l’ombra proiettata sull’ambiente circostante.

Flatiron Building interni e lobby

Il Flatiron Building non ha mai ospitato appartamenti: è sempre stato un edificio a uso commerciale e direzionale. La prima società ad occuparne gli spazi fu la Fuller Company, per cui fu costruito nel 1902 e che vi rimase fino al 1929. Negli anni successivi, il grattacielo ha ospitato una varietà di aziende, tra cui agenzie pubblicitarie e case editrici, la più nota delle quali è stata la Macmillan Publishers, rimasta all’interno fino al 2019, poco prima dello scoppio della pandemia.

Gli interni, con vista spettacolare su Madison Square Park e sullo skyline di Manhattan, erano tuttavia condizionati dalla singolare pianta triangolare dell’edificio che conferiva strane forme a stanze e corridoi lungo il perimetro. Nonostante la particolare distribuzione, gli ambienti risultavano insolitamente luminosi per l’epoca, grazie alla fitta sequenza di aperture presenti su tutti e tre i fronti dell’immobile. Particolarmente ambiti erano gli uffici collocati nella punta nord, stretti e allungati, con pareti che convergevano nell’angolo acuto e grandi finestre da cui si poteva scorgere l’Empire State Building in lontananza.

flatiron building interni
Flatiron Building, uno degli uffici collocati nella punta nord – Foto Josh S. Jackson via Wikimedia Commons

Romanticismo a parte, secondo alcune testimonianze, gli interni del Flatiron Building erano tutt’altro che vivibili, descritti come “piccole gabbie per conigli”, o addirittura “per topi”, con ascensori angusti, scale poco agevoli, aria condizionata non centralizzata e infissi in legno e rame che lasciavano passare spifferi e polvere, facendo volare fogli da ogni parte. Nel tempo, gli ambienti sono stati ammodernati, conservando buona parte dei dettagli originali; negli anni ’90, ad esempio, vennero installati nuovi ascensori elettrici al posto dei vecchi impianti idraulici — ultimi del loro genere ancora in funzione a New York — e fu oggetto di restauro anche la splendida lobby al piano terra.

Pur non essendo molto ampia, dato l’ingresso dalla stretta “punta” dell’edificio, questo atrio è impreziosito da marmi ed elaborati mosaici a pavimento con motivi geometrici, decorazioni a soffitto ed elementi in ferro battuto, riportati all’antico splendore proprio in occasione dell’intervento. Un tempo unico ambiente occasionalmente accessibile al pubblico, oggi è chiuso per i lavori in corso, ma resta uno degli spazi più suggestivi del Flatiron: un piccolo gioiello Beaux-Arts, capace di restituire intatta l’atmosfera dei primi del Novecento.

Flatiron Building: appartamenti e futuro del leggendario edificio

Dal 2019, con l’uscita di Macmillan, il Flatiron Building è rimasto completamente vuoto; solo i locali commerciali al piano terra continuano a funzionare, mentre quelli dal primo all’ultimo piano sono sfitti e inutilizzati. La situazione è peggiorata con la pandemia, che ha reso l’edificio ancor meno appetibile per le aziende e ha evidenziato l’urgenza di una ristrutturazione completa. Le ingenti somme necessarie per i lavori hanno portato nel 2023 a un’asta pubblica disposta dalla Corte Suprema di New York e all’annuncio nell’ottobre dello stesso anno, da parte del nuovo proprietario, della conversione del Flatiron da storico edificio per uffici a lussuoso condominio nel cuore di Manhattan.

A guidare la trasformazione, che segnerà un nuovo capitolo per l’iconico immobile, è la Brodsky Organization, società newyorkese specializzata nella riqualificazione di edifici storici. La stessa ha annunciato un intervento della durata di circa tre anni, con fine lavori inizialmente prevista per il 2026, anche se, visti i complessi iter necessari per l’approvazione da parte del Dipartimento di Urbanistica, è probabile che i tempi si allunghino. Secondo le prime indiscrezioni, il progetto prevede la riconfigurazione degli spazi interni in circa 40 appartamenti di fascia alta, preservando la storica facciata tutelata (l’edificio è classificato come monumento storico dal 1989) e mantenendo il piano terra a destinazione retail e commerciale. Ci si aspetta che le residenze diventino tra le più esclusive e ambite di Manhattan, grazie alla combinazione di prestigio architettonico, posizione centralissima e viste panoramiche uniche.

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