Negli anni ’50, in piena Space Age, tutta l’America sognava viaggi interplanetari e, in molti, guidavano auto con “pinne” aerodinamiche. Le attività commerciali catturavano l’attenzione di chi attraversava in macchina le crescenti periferie, con insegne luminose e strutture aeree sgargianti, che promettevano un futuro già tangibile. Ardite coperture sospese nel vuoto, dettagli pop, strutture simili a UFO o ispirate all’estetica delle astronavi, vetrate illuminate da neon colorati: tutto comunicava modernità. Era il tempo dell’architettura Googie, stile futurista figlio dell’ottimismo postbellico americano e incarnazione, attraverso il design, dei progressi scientifici e tecnologici dell’epoca.
Il nome di questa estetica pare derivare dal Googie’s, il coffee shop all’8100 Sunset Boulevard di West Hollywood, progettato nel 1949 da John Lautner e non più esistente. Dopo essersi imbattuto proprio in quell’edificio dalle forme così anticonvenzionali, fu il critico Douglas Haskell a rendere popolare il termine nel 1952; in un articolo di quell’anno sulla rivista House and Home scrisse:
L’architettura Googie è architettura moderna senza inibizioni. Un’arte in cui tutto è permesso, purché sia moderno.
Douglas Haskell
Googie style, storia ed esempi celebri
Conosciuto anche come Populuxe o Doo-Wop, il Googie style prosperò soprattutto in California e nelle città dell’Ovest americano, ma lasciò tracce anche altrove (famosi, ad esempio, i motel-signs di Wildwood nel New Jersey). Gli architetti che abbracciarono questa estetica volevano stupire il grande pubblico con un’idea di futuro a portata di mano: coffee shop e tavole calde divennero avamposti di design spaziale, con insegne eccentriche e strutture dinamiche. Studi come quello di Armet & Davis a Los Angeles si specializzarono addirittura nella progettazione di diner futuristici: celebre il loro Norms Restaurant (1956) su La Cienega Blvd, con l’inconfondibile pensilina aggettante e l’insegna luminosa a pennant che compone la scritta N-O-R-M-S. Un’architettura pop in cui anche fermarsi a mangiare un hamburger diventava un’esperienza ultramoderna. Non a caso Armet & Davis firmarono molti altri punti vendita della catena e diner divenuti cult come Johnie’s Coffee Shop, Ship’s e Pann’s, sempre a Los Angeles.
Lungo le strade americane sorsero strutture Googie di ogni tipo: oltre ai diner e ai fast food, anche bowling, cinema drive-in, stazioni di servizio, motel e ancora aeroporti e torri panoramiche. Tra questi ultimi, spiccano il TWA Flight Center, terminal del JFK di New York progettato da Eero Saarinen (1962); il Theme Building del LAX, l’aeroporto internazionale di Los Angeles, firmato da William Pereira, Charles Luckman e Paul R. Williams (1961); e naturalmente la Seattle Space Needle, “l’ago spaziale” di John Graham & Company divenuto simbolo dell’Expo del 1962. Lo stile Googie influenzò così profondamente l’immaginario collettivo da approdare persino nei cartoni animati e nei parchi divertimenti: basti pensare ai Jetsons, la cui prima puntata andò in onda il 23 settembre 1962, e a Tomorrowland, l’area tematica di Disneyland dedicata al progresso scientifico e alla fantascienza.

Negli anni ’70, però, l’entusiasmo per il retrofuturismo si spense: dopo l’allunaggio e con l’emergere della sensibilità ambientalista, l’architettura divenne più sobria e minimale, bollando l’estetica Googie come kitsch. Molti edifici furono demoliti o abbandonati, considerati frivoli dalla critica e poco rilevanti. Eppure, col tempo, anche questo stile è stato rivalutato come preziosa testimonianza di un’era. Grazie ai libri dell’architetto e autore Alan Hess, fra cui Googie redux: ultramodern roadside architecture, e ad associazioni di tutela come la Los Angeles Conservancy, diverse architetture Googie sono oggi sottoposte a tutela.
Il Googie nel recentissimo film Marvel
Proprio nel recentissimo film Marvel I Fantastici 4: Gli Inizi, l’architettura Googie torna protagonista. Un’operazione nostalgica se non un tributo dichiarato all’estetica anni ’60, quella dei fumetti originali disegnati da Jack Kirby. Nella scenografia non mancano i classici salottini incassati dai colori accesi, tipici dell’epoca, monitor inseriti in gusci sferici, astronavi, arredi e gadget dalle forme sinuose … un repertorio retrofuturistico a dire il vero già presente nella serie televisiva Loki, prodotta sempre dai Marvel Studios tra il 2021 e il 2023, e in cui la sede della Time Variance Authority, anche detta “TVA”, ricorda per alcuni dettagli proprio il terminal “TWA” di Saarinen (sarà un caso?). Ad ogni modo, questa scelta estetica così radicale è diventata il vero selling point del reboot: regista e scenografi hanno scommesso sulla potenza evocativa del design, ricreando, con successo, un mondo di supereroi diverso da qualsiasi altro visto sino ad ora nel Marvel Cinematic Universe.

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