Adam Štěch e il suo incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna

Foto Adam Štěch

Secondo Georges Didi-Huberman, probabilmente il massimo esperto di iconografie e di iconologie della nostra epoca, la fotografia lavora a braccetto con l’immagine e la memoria: non è mai presenza piena, né assenza assoluta, ma una traccia che si espande, come un’epidemia, nello spazio e nel tempo.

In Modern Architecture and Interiors, pubblicato da Prestel Publishing nel 2020, lo storico dell’architettura e curatore ceco Adam Štěch ha dato vita a un incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna, un database enciclopedico che cataloga e documenta oltre 900 edifici costruiti tra il 1920 e il 1980, alcuni molto noti, altri scoperti nel corso del progetto. Štěch ha iniziato a cacciare edifici moderni nel 2006, accompagnato dalla sua fedele fotocamera, e da allora ha continuato a farlo per quasi vent’anni, setacciando oltre 20 paesi diversi in tutto il mondo.

Proprio il mese scorso si è conclusa al Mak di Vienna la mostra Elements, una sorta di spin-off del volume pubblicato qualche anno fa. Elements proponeva una ricca rassegna fotografica di dettagli ed elementi di design del XX secolo, attingendo all’immenso archivio visivo accumulato da Štěch durante le sue scorribande intorno al globo. «Non sono un architetto, né un designer. Mi considero un ricercatore, uno storico e un curatore. Per documentare gli edifici ho dovuto imparare anche a fotografare», racconta l’autore. «Quella contenuta nel catalogo Modern Architecture and Interiors è solo una piccola parte di tutto ciò che ho fotografato in quasi vent’anni di attività. Non le conto esattamente, ma credo che oggi il mio archivio contenga già più di 10 mila strutture documentate».

L’ossessione di Štěch per la modernità risale all’idea secondo cui il XX secolo incarnerebbe una sorta di golden age per l’arte, il design e l’architettura: un’epoca di ideali utopici e progressisti, che ha cercato di immaginare una versione migliore del mondo, consegnandoci grandi capolavori a tutte le latitudini. Al tempo stesso, l’autore ha coltivato una spiccata idiosincrasia nei confronti delle riproduzioni fotografiche che appiattiscono e banalizzano le architetture sui libri e sui cataloghi: «Per me non era sufficiente vedere gli edifici nei libri, perché si vede solo una foto, o poco più. Ma quando si entra all’interno o li si osserva dall’esterno, improvvisamente si percepiscono qualità completamente diverse. Oppure si possono fotografare dettagli e punti di vista che non erano ancora stati pubblicati».

Adam Štěch e il suo incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna
Foto Adam Štěch

La logica con cui Štěch ha sviluppato la sua ricerca errabonda è più ecumenica che selettiva: nel cercare gli edifici ha deciso di non attribuire nessun peso particolare alla scuola modernista, come sarebbe stato facile e logico aspettarsi, scegliendo invece di ampliare il più possibile la visuale, abbracciando la produzione architettonica moderna in tutta la sua complessità e in tutte le sue sfumature, a volte seguendo il proprio gusto, altre affidandosi al caso, ma sempre documentando quanti più edifici possibili.

«Ritengo che l’architettura moderna copra una più ampia gamma di stili, non necessariamente modernisti. Questi includono l’architettura espressionista, l’Art Déco, le influenze vernacolari, radicali e persino postmoderne», spiega ancora Štěch.

«Volevo davvero allontanarmi dalla vecchia idea di modernismo come machine à habiter per passare a una prospettiva molto più ricca sull’architettura e sugli interni del XX secolo». L’archivio si muove fluido tra influenze europee dell’architettura surrealista e interni francesi degli anni Cinquanta; tra il modernismo alpino degli anni Venti e quello argentino degli anni Trenta; l’Art Déco belga, il funzionalismo emozionale ceco e moltissimi altri insospettabili sottogeneri, scovando molte gemme sconosciute o semplicemente dimenticate.

Adam Štěch e il suo incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna

È impressionante osservare la varietà di accenti con cui viene plasmata e riadattata l’idea di modernità nelle sue espressioni locali, pur mantenendo integro il senso della sperimentazione e la tensione verso il futuro.

Si nota però, nella lunga lista, una certa ricorsività di progetti italiani, confermata dallo stesso autore: «È vero, c’è molto modernismo italiano, un paese che ho visitato spesso. Sono innamorato dello stile di Gio Ponti, di Carlo Mollino ma soprattutto delle opere di Ico e Luisa Parisi. Il design e l’architettura italiani nel dopoguerra hanno vissuto un periodo di massimo splendore, erano al top nel mondo. Ma se dovessi citare un luogo meno tipico, direi l’Uruguay, dove negli Anni 30 erano emigrati molti artisti europei che hanno dato vita a una tradizione architettonica poco nota».

Adam Štěch e il suo incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna
Foto Adam Štěch

Le immagini vivide, le soluzioni brillanti, l’eleganza sobria o l’irriverenza nell’uso dei colori, la creatività nella combinazione dei materiali: sono molti gli aspetti che parlano un linguaggio di disarmante attualità. Molti progetti sembrano realizzati l’altroieri, e ciò ci dice molto di quanto quello spirito dell’utopia sia ancora oggi fascinoso e necessario.

Adam Štěch e il suo incredibile atlante fotografico dell’architettura moderna
Foto Adam Štěch

Alla fine dei conti, l’impressionante mole iconografica di Modern Architecture and Interiors è il risultato di un percorso dialettico paradossale: Adam Štěch è partito da una critica delle immagini fotografiche riprodotte sui cataloghi per arrivare, di nuovo, a un catalogo di immagini fotografiche. In mezzo c’è l’esperienza viva e lo sguardo curioso del fotografo, del critico e del ricercatore, che ha saputo restituire nuova profondità e prospettive inedite a una stagione fondamentale della storia dell’architettura.

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