La casa di Nathalie H. de Saint Phalle nel cuore antico di Napoli

Foto Danilo Scarpati per Living

Nel mezzo della stanza, un enorme salone con opere d’arte contemporanea e tappeti iraniani, c’è un catino in plastica per l’acqua piovana. «La fantasia è una casa dove ci piove dentro. Qui, in questo antico palazzo partenopeo lungo il decumano maggiore, abitare è vivere tra mille imperfezioni».

Nathalie H. de Saint Phalle, giornalista, autrice giramondo con studi in archeologia, è partenopea per circa sei mesi l’anno, il resto delle giornate le divide con Parigi nella casa di famiglia. «Non ho scelto Napoli, anzi, non l’ho scelta per niente. Era da poco cominciata la guerra nell’ex Jugoslavia, ed è successo quasi per caso, complice un’antologia pacifista da stampare, sono finita in questa metropoli piena di intensità ed energia, dove non esistono sfumature, ma solo bianchi e neri».

Piedi scalzi, lunghi capelli raccolti, nessun telefono o smartphone, Nathalie passeggia negli spazi di uno degli appartamenti di oltre 300 metri quadrati dello storico Palazzo Spinelli. Poche porte, tante stanze, soffitti di legno del 600 e cementine di inizio Novecento, con l’enorme terrazzo che svetta su un’antica torre angioina.

«Vidi Napoli per la prima volta nel 1993. Dovevo scrivere un articolo per la Biennale dell’Accademia di Belle Arti. Mi ritrovai a bere vino fino all’alba», racconta con l’immancabile erre arrotondata, mentre prepara la moka per il caffè. «Quel momento è stato un incanto, quando sono arrivata non capivo nemmeno dove fossi ma mi sono ritrovata faccia al Vesuvio, con la città brulicante che si sveglia. E quella luce opaca, la stessa che oggi entra dalla finestra».

Il palazzo è del 1600, l’unico della città ad avere un cortile ellittico, l’attico è all’ultimo piano di un enorme scalone che si affaccia sul ventre anarchico e dadaista di Napoli.

«Dovevo stare sei mesi, un tempo sufficiente per sbloccare la stampa del libro. Decisi di prendere in affitto questo appartamento insieme ad altri amici, nell’attesa mi misi a dipingere la casa di bianco, mi dava una sensazione di pulito. Poi per ogni finestra ho messo le tende, veli di cotone di tutti i colori che filtrano il sole dando un effetto ovattato alla casa».

Dal 1999, Nathalie ha affittato anche alcuni spazi di Palazzo Marigliano, dove per 12 anni ha gestito l’Albergo del Purgatorio, la casa inventata di un viaggiatore e collezionista immaginario chiamato Robert Kaplan. «Da quel giorno non sono mai stata lontana da Napoli per più di cinque settimane, torno e mi occupo delle commissioni, pago le bollette, saluto i gatti – Cecil come Beaton ed Enzo come il meccanico che l’ha salvata. Faccio molta attenzione a mantenermi in equilibrio fra le due città, convivo con queste due anime, anche se sento di contenere moltitudini».

Letto nel salone con comodini Tam Tam vintage, sedia verde di Pierre Sala e opere di Giorno, Berardinelli, Ducorroy, Stampa, Tarkos sulle pareti
Foto Danilo Scarpati per Living

Figlia d’arte, padre poeta e madre artista e femminista, sposa giovanissima Philippe de Saint Phalle, nipote della celebre artista Niki in mostra al Grand Palais fino a gennaio, insieme a Jean Tinguely e Pontus Hultén.

«Sguazzavamo nella cultura, cinema e teatri, dovevamo leggere tutto quello che veniva pubblicato per imparare a essere liberi». All’ingresso, su una parete, campeggia una biblioteca virtuale: la selezione di copertine stampate dei capolavori fondamentali da tenere a mente, da Kafka a Camus.

«A Parigi, nella nostra casa del quarto arrondissement, abbiamo 30mila volumi. Fin da piccole vivevamo in una specie di viavai della Beat Generation. Non c’erano codici, porte sempre aperte, quando arrivava un poeta americano ospite dei miei genitori a me toccava lasciargli il letto e dormire con mia sorella. Per me anche questa casa è una via di passaggio, è il luogo dove le persone si mescolano e si incontrano. Artisti, poeti, ballerini, ospiti arrivano e lasciano qualcosa, l’intera città qui è entrata per anni, saranno passate in tutto 10mila persone».

Opere d’arte, in ogni luogo, foto di Richard Avedon e ritratti di William S. Burroughs, targhe d’auto e letti in ogni angolo. «Ho comprato 23 materassi tutti in una volta sola da una signora in piazza del mercato che li vendeva anche all’Excelsior, dormire fa la differenza».

Terrazzo con cactus e vista panoramica sulla città e sul Vesuvio nella casa di Nathalie H. de Saint Phalle
Foto Danilo Scarpati per Living

Una collezione di sedie di Pierre Sala, regalate dalla nonna a ogni compleanno i cui piedi mancanti sono stati sostituiti da libri. All’ingresso ce ne sono migliaia, lasciati e riportati, regalati o rubati chissà dove. «Chi viene lascia un libro, con una dedica. Il lusso è questo, non si misura con l’altezza dei soffitti, con cucine d’avanguardia o bagni all’ultima moda. Il lusso è ballare sui tavoli, costruire una lampada insieme agli amici in un giorno di pioggia, piantare sul terrazzo l’ennesimo cactus preso in Puglia o a Lisbona. Il lusso è aprire la porta, fare entrare chi bussa».  

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