Per una settimana, dal 13 al 21 settembre 2025, la capitale inglese ospita il London Design Festival. Le installazioni e le mostre “istituzionali” che abbiamo visto sono accomunate da significati profondi e coinvolgimento emotivo. C’è poi un corollario di esposizioni ed eventi più legate in modo pragmatico al design e alla produzione. Un’edizione questa, e siamo alla ventitreesima, che risulta però un po’ sottotono, riflesso dell’appannamento culturale e sociale post Brexit che la capitale inglese sta attraversando da qualche anno.
Il festival è articolato in dieci zone centrali da Mayfair a Brompton con il Victoria and Albert Museum e altre più satellitari, per chi si vuole spingere fino a Dalston o a Park Royal, zona ex industriale a ovest di Londra che di solito riserva il design più sperimentale. Invece la zona di Shoreditch incarna l’anima operosa della storia industriale dell’East End londinese, da sempre crocevia creativo d’avanguardia e terreno di nuove tendenze. Quest’anno è scenario della manifestazione Design London Shoreditch, la tre giorni dedicata alla creatività e all’innovazione, dal 16 al 18 settembre.
LE INSTALLAZIONI: DA PAUL COCKSEDGE IN TRAFALGAR SQUARE A LEE BROOM SUL TAMIGI
Iniziamo da quelle al Victoria&Albert Museum, che ne ha commissionate ben otto, da scovare nelle sale del museo alternate con la collezione permanente.

(S)low Tech AI di Studio Above&Below è un’intersezione di arte e tecnologia che utilizza l’AI. There’s No Place dell’artista Jakkai Siributr esplora invece il concetto di identità attraverso un lavoro realizzato con i tessuti. Jomojomon del giapponese Ryonosuke Okazaki sono abiti scultura o, meglio, spettacolari sculture da indossare. Simbolismi giapponesi avviluppano la figura umana in un ritmo di nastri di velour che diventano strutture tridimensionali.
Per l’Emerging Designer Commission, Roo Dhissou, ha concepito Heal, Home, Hmmm, un padiglione che reinterpreta le tecniche tradizionali degli edifici in fango della regione del Punjab in India, in collaborazione con il sound artist Oliver Romoff.
Nella corte interna del John Madejski Garden The Ripple Effect dell’artista e designer Alicja Patanowska è un intervento in ceramica che dialoga con l’architettura di mattoni del museo, la fontana ed il cielo.

Ci sono poi le installazioni più intimiste, come The Waters Diviners Trail di Jumana Emil Abboud. L’artista ha composto un percorso nel quale incontrare undici oggetti che custodiscono storie plasmate dall’acqua. Ognuno di essi collega leggende, vite e paesaggi attraverso culture diverse, protagonisti di storie visibili e invisibili. Not Your Martyr di Ramzi Mallat è un memoriale dedicato ai caduti nell’esplosione del porto di Beirut del 2020, sotto forma di vivaci ma’amoul di vetro, tradizionali pasticcini libanesi di pasta frolla. Gli artisti e designer libanesi Rana Haddad e Pascal Hachem con la loro Debris of Text and Eyeglasses documentano gli occhiali strappati via dai volti delle persone durante lo stesso evento drammatico che ha sconvolto la capitale libanese.
Spostandoci al centro di Trafalgar Square, What Nelson Sees del designer Paul Cocksedge è una composizione di cannocchiali in finitura cortain dai quali gli spettatoti possono vedere una rivisitazione di Londra tra passato, presente e futuro. Praticamente, la prospettiva degli ultimi 200 anni e di quelli a venire che ammiraglio Nelson ha avuto dal punto privilegiato, dall’alto della sua monumentale colonna; realizzata in collaborazione con Google Arts & Culture.

Beacon di Lee Broom è la sua prima installazione per l’LDF collocata sulle rive del Tamigi davanti la Royal Festival Hall del Southbank Centre, luogo simbolo di resilienza post bellica, sede del primo Festival of Britain nel 1951. Broom ha immaginato uno chandelier capovolto, realizzato con il vetro riciclato dagli scarti di produzione, che crea delle coreografie di luce. Da vedere fino a febbraio dopodiché sarà trasformato in una serie di lampade da tavolo in dizione limitata, vendute in parte per beneficenza.

COSA VEDERE QUEST’ANNO IN GIRO PER LA CITTÀ
In zona Brompton, al The Lavery al 4 Cromwell Place e Mirroring Dialogue al 36 Thurloe Place, il curatore Alex Tieghi-Walker presenta A Softer World serie di esposizioni celebrazione del design “che ammorbidisce il mondo che ci circonda”. Tra questi, la collettiva messa insieme da David Collins Foundation, creata nel 2016 a supporto di giovani creativi. Nello stesso posto, Soft Worlds, Sharp Edges curata da Charlotte Taylor. L’installazione avrà come scenografia una camera da letto intesa come palcoscenico, che rimanda subito a My Bed l’opera più famosa di Tracey Emin che le è valsa il Premio Turner. La mostra tutta al femminile presenta lavori di trenta artiste e designer tra cui la nostra Emilia Tombolesi, le quali hanno interpretato la ritualità degli oggetti domestici. Dal 17 al 19 settembre.
Per il London Design Festival e il Mayfair Design District 2025, Grymsdyke Farm presenta una mostra di nuovi lavori sperimentali creati dagli studenti in collaborazione con designer e pensatori come Maurizio Altieri, Marco Campardo, FOS, Guan Lee, Luca Lo Pinto, Soft Baroque e Lorenzo Vitturi. Una collezione di oggetti a misura d’uomo, realizzati con ritagli e resti di progetti precedenti trovati nei dintorni della Fattoria, presentati con frammenti, calchi e una serie di filmati e fotografie di George Baggaley. Vale veramente una visita la London House, sede cittadina della Grymsdyke Farm a Marylebone, dal 15 al 21 settembre (su appuntamento).
La piattaforma internazionale di brand, designer e manifatture Material Matters si conferma una delle destinazioni più interessanti dopo il lancio avvenuto solo quattro anni fa. Nuovo spazio espositivo nella Space House tra Holborn e Covent Garden dove trovare una selezione oltre quaranta marchi e designer emergenti e materiali futuri. (dal 17-20 settembre, lo trovate qui: Space House, 1 Kemble St, WC2B 4AN).
Oltre all’installazione luminosa sul Tamigi, Lee Broom presenta la nuova serie di luci nel suo showroom di Shoreditch. Da sempre incline a esibire la parte scenografica del suo lavoro, il designer a realizzato ben tre allestimenti distinti.
Ci sono poi due mostre per certi versi collegate: Polish Posters Now! una testimonianza culturale attraverso la grafica (fino a febbraio 2026 al V&A); al Design Museum fino al 29 marzo 2026 c’è invece Blitz: the club that shaped the 80s, che Living aveva già segnalato. Un racconto del mitico Blitz, club londinese dal quale è iniziata la carriera di personaggi come Spandau Ballet, Visage, Boy George e che ha segnato la cultura pop britannica per lungo tempo.

I CREATIVI PREMIATI
I riconoscimenti, che a Londra sono presentati come medaglie, quest’anno sono stati suddivisi in scelte doverose e altre più inaspettate. La Medaglia D’oro va a il cipriota-britannico Michael Anastassiades, designer dell’anno per il suo percorso coerente soprattutto quando ha a che fare con la luce. La prestigiosa medaglia nera suggella la carriera del lord e Premio Pritzker dell’architettura, l’inglese Norman Foster, che coi suoi progetti parla sempre di futuro a dispetto dei 90 anni festeggiati di recente. Il premio per l’Emerging Design è stato assegnato a Rio Kobayashi, un volto peraltro frequente nelle ultime edizioni del festival e Sinéad Burke ha ricevuto quello per la Design Innovation. La scrittrice, acccademica e attivista per la disabilità, è conosciuta per la sua talk TED – Why design should include everyone ed è la direttrice dell’organizzazione di consulenza Tilting the Lens.
London Design Festival
quando: dal 13 al 21 settembre 2025
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