Casa Gregotti a Milano, un salotto multidisciplinare dove l’architettura incontra arte, design e cucina

Foto di Luca Rotondo per Living

Casa Gregotti non è unicamente la casa di un bisnonno visionario, Quinto Gregotti, che tesseva stoffe e acquisiva opere d’arte d’avanguardia già dagli inizi Novecento, né solo quella della pronipote Maria, che ora la riapre al mondo con grazia e coraggio, a suo agio nel ruolo di consulente d’arte che si muove con spontaneità tra antichi musei e fiere d’arte internazionali, tra Instagram e cenacoli intellettuali.

No: questo è un luogo dove le pareti raccontano ma senza nostalgia, dove il design non è soltanto d’interni ma di intenzioni; è Milano che, per una volta, smette di essere trattenuta e si lascia andare a un po’ di bellezza accettando il dono di un salotto multidisciplinare dove l’arte incontra la moda, il design, la cucina e la conversazione brillante. E si sta aprendo a nuove realtà artistiche internazionali.

«I salotti sono da sempre la mia passione», confida Maria Gregotti. La venticinquenne mecenate porta con sé un bagaglio di esperienze che già la distinguono: esperienze tra Milano e l’estero, ha collaborato con gallerie e curato progetti che ibridano generi e linguaggi. Recentemente, per esempio, è stata co-curatrice di Visions in Motion – Graffiti and Echoes of Futurism, una mostra alla Fabbrica del Vapore che metteva in dialogo i quadri dei futuristi italiani con le opere di writer americani, evidenziandone insospettabili continuità.

Casa Gregotti è la sua sintesi caratteriale: un luogo di confronto, accoglienza, un dispositivo culturale capace di coinvolgere archivi, istituzioni, imprese, gallerie e artisti indipendenti in un approccio audace e interdisciplinare. «Questo spazio è un’eredità non solo architettonica, ma soprattutto artistica ed emotiva. Il bisnonno Quinto è stato un collezionista raffinato e lungimirante.

La sua azienda, la storica Bossi, fondata nel 1827 e trasformata in ‘Società Commerciale Bossi’ nel 1907 dal Cavalier Quinto Bossi, ha realizzato tessuti per i più grandi brand internazionali, da Burberry a Loro Piana, da Max Mara a Vivienne Westwood; lui collaborava con artisti come Fernand Léger, a cui chiese di realizzare il motivo Papillon riprodotto su un tappeto, Bruno Munari, Atanasio Soldati.

Il tessuto, per lui, diventava superficie per la sperimentazione visiva in un’osmosi tra industria, arte e bellezza». La collezione originaria – fatta di dipinti, grafiche, disegni e sculture di nomi come Modigliani, De Chirico, Sironi, Morandi, Capogrossi, Carrà, Balla, Guttuso, Pistoletto e Boccioni – è stata trasmessa fino al presente.

Oggi Maria e suo padre Luca Gregotti, direttore dell’Archivio Novecento, non solo ne custodiscono la memoria, ma l’espandono verso nuove geografie e linguaggi: Ai Weiwei, Georges Mathieu, André Butzer, Jorge Eielson, Anne e Patrick Poirier, Nathalie Djurberg, Aryo Toh Djojo, Rugiyatou Ylva Jallow, Zhanna Kadyrova, Zeljana Vidovic.

Vista sulla sala Edoardo, interni di Vittorio Gregotti, con opera Quipus di Jorge Eielson
Foto di Luca Rotondo per Living

Casa Gregotti si inserisce in quella tendenza delle case-galleria segnalata come fenomeno crescente, capace di avvicinare appassionati in un contesto più intimo, conviviale, pensato per chi cerca non solo bellezza ma anche connessioni, «per ospitare altre gallerie che non hanno spazio in città oppure progetti in situ: a gennaio faremo una mostra con Angela Madesani sul tema dell’abitare – siamo di fronte alla Cà Brutta di Muzio, del resto – per renderli visibili a un pubblico più vasto. Ma già penso a un progetto appositamente concepito con la galleria Laveronica di Modica per gli spazi di Casa Gregotti», continua Maria.

L’appartamento, in via Bonaventura Cavalieri, ha gli interni progettati negli anni Sessanta da Vittorio Gregotti, nipote di Quinto, tra i massimi architetti italiani del Novecento, noto per il Teatro degli Arcimboldi, la Bicocca e la sua idea di architettura come scrittura civile, autore di uno dei più importanti saggi sulla relazione tra valore morale e utilità pratica, Il possibile necessario (Bompiani).

Restaurato da Maria con spirito conservativo, è tornato a vivere mantenendo intatto lo spirito originario e ampliandone la vocazione intellettuale. Qui, il rigore formale si mescola a una matericità sofisticata: profili in acciaio spazzolato dialogano con il marmo bianco Lasa. Nulla è lasciato al caso: ogni dettaglio (come le bacchette già predisposte per appendere i quadri) stimola lo sguardo e l’immaginazione.

Lo spazio si sviluppa su due livelli per circa 320 metri quadrati. Al piano superiore si trovano gli uffici, mentre a quello inferiore si articolano cinque sale espositive dalle metrature diverse, concepite per rispondere a molteplici esigenze. «Ho voluto ribattezzare ogni stanza con il nome di un mio familiare. In ognuna ho messo pezzi storici di design che hanno reso grande il made in Italy, uniti a oggetti contemporanei: così la biblioteca su misura disegnata da Vittorio Gregotti dialoga con il tappeto Nereid Ivory della collezione Riviera di Sahrai Milano, le poltrone Soriana di Afra e Tobia Scarpa con lo sgabello Hula di Chris McCourt, la Lampada 0024 di Gio Ponti con le sedute-scultura Ear Chair degli artisti greci Voukenas and Petrides, le sedie pieghevoli Bridge di Marco Zanuso con quelle Costes di Philippe Starck».

Scrivania razionalista in legno nello spazio espositivo di Casa Gregotti
Foto di Luca Rotondo per Living

Il cuore è la cucina attrezzata con arredi Knoll e un piano centrale in marmo travertino: «Non è solo un luogo funzionale ma una scenografia pensata per ospitare il progetto Cooking with Art, curata da Ginevra Diana Beretta. Un’idea che fonde arte visiva e cultura gastronomica: lo chef diventa curatore, la cucina un’installazione vivente, il piatto un’opera multisensoriale». La programmazione si arricchirà di private view, incontri riservati, consulenze per collezionisti e una serie di talk con ospiti che regaleranno una propria testimonianza.

In un’epoca in cui tutto sembra urlare per attirare l’attenzione, Casa Gregotti ha scelto un tono diverso: la voce sottile della qualità, la persistenza dello stile. Aperta a tutti – su appuntamento da fissare sul sito – non vuol piacere a tutti. Ma intende parlare a chi sa ascoltare. E, proprio per questo, è un posto che resterà.

Maria Gregotti nella sala Edoardo su sedia Ear Chair di Voukenas and Petrides
Foto di Luca Rotondo per Living
Living ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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