Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”

Chris Grunder, courtesy of Salon 94, S94D and Duyi Han

Nel design, ma non solo, c’è chi ha la capacità di tradurre in materia il respiro di un tempo, le sue nevrosi, le sue contraddizioni e i suoi bisogni profondi, viscerali. Ad aver sentito l’urgenza di farlo – un’urgenza contemporanea, palpitante, viva – è Duyi Han, designer classe 1994 con base a Shanghai.

Architetto di formazione – con studi alla Cornell University di New York e un’esperienza di vari anni da Herzog & de Meuron a Basilea – si muove tra il collectible design, la scenografia e l’arte digitale per ricucire lo strappo tra mente, corpo e spiritualità. Le sue opere nascono da un autoascolto emotivo: sono “dispositivi neuro-estetici”, come lui stesso li definisce, che trasformano alcune delle grandi tematiche del presente – come la salute mentale e l’inaridimento spirituale – in forme tangibili, capaci di evocare mondi interiori.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Opere in cui Billie Eilish convive con la medicina tradizionale cinese, e dove l’ossessione per la longevità coesiste con la ritualità buddhista: c’è tutta la schizofrenia dei nostri tempi, e anche tutta la nostra fame di sentire, col corpo, col cuore. “Arrivando dal mondo dell’architettura, mi sono chiesto quale linguaggio progettuale volessi sviluppare nel design. Per rispondermi, ho iniziato un processo di osservazione interiore. Ho capito che quando un’architettura mi emoziona non è mai una questione di forma, stile o geometria, ma è come mi fa sentire, sta tutto nell’esperienza emotiva che mi restituisce”.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Da questa intuizione nascono l’universo di Han e le sue “prescrizioni neuro-estetiche”, ovvero oggetti e allestimenti dove l’estetica è pensata per suscitare stati d’animo, anche contrastanti, e per stimolare il confronto con le condizioni psicologiche della vita contemporanea. Nella sua ricerca, l’eredità dell’architettura tradizionale asiatica si intreccia con l’immaginario contemporaneo occidentale: gli elementi decorativi dei templi buddhisti, le geometrie dei talismani taoisti, il linguaggio della scienza farmaceutica e i codici della cultura visiva digitale diventano materiali emotivi complessi. Ne nascono arredi e installazioni che riflettono i processi di ibridazione attuale: “Uso gli elementi culturali come segni, come portatori di emozioni e concetti. E poiché mescolo molti contesti – temporali e geografici – il risultato finale può essere compreso da persone di culture diverse”, spiega.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Le sue opere saranno esposte, dal 3 al 6 dicembre 2025, all’interno di Shifted Mirrors: Fragments of a Dreamed East, mostra curata da Clélie Debehault & Liv Vaisberg all’interno di Design Factory, nuova piattaforma internazionale di Maison&Objet a Hong Kong.

I talismani per la psiche di Duyi Han in Ordinance of the Subconscious Treatment

Tra i progetti che meglio incarnano l’approccio di Duyi Han c’è Ordinance of the Subconscious Treatment, presentato l’anno scorso da Salon 94 Design alla FOG Art Fair di San Francisco. Una collezione di oggetti neuro-estetici che indagano il tema della salute mentale attraverso vari riferimenti alla cultura cinese contemporanea: le forme degli arredi nascono dalla rilettura dei motivi architettonici dei templi buddhisti, mentre il ricamo delle sete rimanda agli antichi Fulu, talismani taoisti utilizzati per allontanare le malattie.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Chris Grunder, courtesy of Salon 94, S94D and Duyi Han

Nel creare però un nuovo simbolismo per il presente, Han sostituisce la calligrafia tradizionale con formule farmaceutiche: un tavolino da caffè viene ricamato con il composto chimico dell’anfetamina, mentre la coppia di comodini Melatonin Side Tables affianca il letto e un Vitamin D Daybed è abbinato a due Vitamin B-12 Chairs. Oggetti-simbolo che fanno convivere il linguaggio della medicina occidentale con la forza archetipica del talismano, come nel caso dell’Oxytocin Cabinet, pensato come un portale domestico alla cura, alla felicità e alla memoria affettiva. Tutto condito con citazioni da canzoni di Billie Eilish, da frasi classiche dei percorsi di terapia psicologica, e dai personali mantra di Duyi Han (“Riconoscere è il primo passo”).

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Intervista a Duyi Han

Dall’architettura al design, passando per la digital art e la scenografia, cosa ti ha guidato in questo percorso?

Durante gli studi in architettura, ho sempre sentito il desiderio di muovermi in contesti diversi, facendo varie esperienze diverse. I professori mi ripetevano spesso di non “estetizzare” troppo, eppure il desiderio di apprezzare la bellezza dell’architettura – e dell’estetica in generale – era ed è ancora oggi molto importante per me. Ho scelto così di ascoltare quella sensazione, di lasciarla crescere in libertà. Ho capito che non dovevo per forza aderire a un solo stile o movimento: potevo semplicemente creare mobili e ambienti a partire da un punto di vista emotivo, attingendo a fonti diverse. Ogni riferimento può evocare emozioni, ricordi, atmosfere. Il processo di design diventa quindi una ricerca di riferimenti, una trasformazione del loro valore emotivo e infine la loro combinazione armonica nel progetto finale.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Come sei arrivato a dare forma alle tue “prescrizioni neuro-estetiche”?

Conosco le neuroscienze applicate all’estetica come disciplina di ricerca: studiano cosa accade nel cervello quando osserviamo un’opera, quali emozioni si attivano, cosa ci attira in una composizione artistica, un colore, una forma. Esistono anche varie applicazioni nell’interior design, ed è proprio così che è nato il desiderio di raccontare il mio approccio in modo quasi scientifico. È come se il mio processo fosse una miscela di ingredienti, come una prescrizione o un composto chimico: c’è una sorta di precisione alchemica nel risultato finale. Quando parlo di “prescrizioni”, non intendo suggerire che il mio pubblico abbia un problema da curare: si tratta più che altro di un’offerta, un invito. È come dire: ti offro un viaggio estetico, un’esperienza sensoriale in cui immergerti completamente.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

Nelle tue opere compaiono anche riferimenti al taoismo e al concetto di impermanenza. Come li esprimi?

Studiando la storia dell’architettura e dell’arte ho potuto prendere maggiore consapevolezza dei meccanismi alla base dei processi evolutivi. La filosofia taoista vede il cambiamento in modo fluido, e ho sentito una connessione naturale con questa visione. Niente è permanente nella vita e tutto è interconnesso. Oggi siamo sommersi da migliaia di stimoli visivi attraverso i social media e l’AI, e ci arrivano tutti allo stesso momento in tutto il mondo. La contaminazione è naturale. Così, alcuni miei lavori attingono a riferimenti della cultura cinese, ma poi vengono trasformati e contaminati dalla biotech contemporanea o dalla cultura visiva occidentale. Vivere immersi in tutte queste possibilità è estremamente stimolante.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”

Questo intreccio di ingredienti, ispirazioni e contesti culturali è molto presente nell’installazione Ordinance of the Subconscious Treatment, presentata l’anno scorso alla FOG Art Fair.

La serie trae ispirazione dagli oggetti presenti nei contesti religiosi e letterari cinesi, trasformandoli però in contenuti decorativi in riferimento al tema della salute mentale contemporanea. Le ricamatrici hanno realizzato strutture chimiche e simboli molecolari legati ai neurotrasmettitori assieme a testi che includono domande ricorrenti nei percorsi psicoterapeutici o frammenti di canzoni di Billie Eilish (“My doctors can’t explain my symptoms or my pain”, da My strange addiction, ndr). Sono suggestioni diverse che, insieme, riflettono un sistema di convinzioni contemporaneo legato alla ricerca della felicità. L’atmosfera che creano vuole portare il pubblico in uno stato emotivo intimo, che favorisca l’introspezione e l’auto-riflessione.

Duyi Han: “Con l’AI crescono le nostre esigenze emotive. Per questo evoco emozioni con l’estetica”
Courtesy of Duyi Han

La salute mentale, insieme all’ossessione contemporanea per la ricerca della felicità, sembrano essere temi ricorrenti nella tua ricerca.

Credo che oggi le esigenze emotive delle persone stiano crescendo, e che esista un desiderio sempre più potente di entrare in contatto con oggetti che tocchino le persone profondamente, ricordando loro che sono umane, vive. Questo spinge il design verso territori più ricchi e stimolanti. Con l’AI e la diffusione del digitale le persone stanno attribuendo un valore sempre più importante alla fisicità, alla materialità, alla lavorazione artigianale, al dettaglio fatto a mano. Qualcosa che equilibri la nostra vita digitale. Le mie opere provano a fare proprio questo: ci ricordano di sentire.

Sentire attraverso l’estetica. L’installazione Towards a New Aesthetics, presentata alla Biennale Architettura di Venezia del 2023, parla proprio di come l’estetica possa trasformarsi in uno strumento emotivo e spirituale profondo.

Esatto. Per questa installazione ho dipinto tutto a mano, personalmente. Ho scelto riferimenti tibetani perché i mandala rappresentano visivamente un’intera cosmologia: un modo di vedere il mondo, il funzionamento dell’universo, la trasformazione. Ho usato questi elementi per raccontare il mio approccio estetico, ovvero come guardo all’evoluzione dei linguaggi, alla neuro-estetica, al cambiamento. L’idea era quella di creare una stanza “altra”, un piccolo luogo fuori dal tempo dove riflettere su sé stessi.

opera di Duyi Han
Courtesy of Duyi Han

Spaziando tra geografie e riferimenti culturali diversi, che ponti costruisce la tua opera?

I ponti tra estetica ed emozioni, ma non solo. Il mio lavoro è profondamente legato al tema del cambiamento e della contaminazione. Oggi possiamo accedere con facilità a immagini e culture da tutto il mondo. È come avere davanti una grande ecosfera culturale. Le culture, come le discipline, non sono più territori separati, ma un sistema interconnesso. Possiamo usarne frammenti, re-immaginarle, portarle verso dimensioni ancora da scoprire. Le mie opere fanno esattamente questo: indagano, esplorano la dualità ed enfatizzano la tensione psicologica tra gli opposti. Tra paura e amore, controllo e disorganizzazione, dolore e guarigione, illusione e realtà. Poi trasfomano tutto in qualcosa di nuovo, di profondamente emotivo. Il design ha valore quando tocca le emozioni delle persone.

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