C’è un’architettura che non alza la voce. Non impone, ma accompagna. Non sovrasta, ma ascolta. È quella firmata da Al Borde, studio fondato nel 2007 a Quito in Ecuador da Pascual Gangotena, David Barragán, Maríaluisa Borja ed Esteban Benavides. In un’epoca in cui il progetto è sempre più chiamato a rispondere a sfide ambientali, sociali e culturali, Al Borde rappresenta una direzione possibile, concreta, visionaria. Non uno stile, ma una postura verso il mondo: responsabile, sensibile, radicale nel suo essere semplice. Proprio per questo lo studio ha vinto il premio BancaStato Swiss Architectural Award 2024 con tre progetti che ridefiniscono il senso del costruire: sostenibili, comunitari, poetici. Le tre opere progettate per tre contesti radicalmente diversi — foresta amazzonica, deserto mediorientale, paesaggio costiero tropicale — sono unite da una visione etica e poetica: un’architettura fatta di materiali semplici, tecniche locali e relazioni forti, che si costruisce con le persone, non per le persone.
«Le nostre idee si precisano nel fare» dichiarano i fondatori. Ed è proprio questa flessibilità, questa capacità di ascoltare il luogo — clima, materiali, cultura, urgenze sociali — che ha convinto la giuria del premio, presieduta da Mario Botta. Al Borde ha dichiarato infatti di «muoversi nel territorio del dubbio, dove le certezze su ciò che l’architettura dovrebbe o non dovrebbe essere sono in costante evoluzione. Le idee si sviluppano in corso d’opera, precisandosi nella relazione con il luogo», perché le loro opere sono «costruite con le risorse e le tecniche locali, dove il territorio è sempre una variabile specifica e unica. I progetti diventano dunque una radiografia di un determinato luogo e dei costumi delle persone che lo abitano, della loro storia, dei loro problemi e dei loro bisogni».
Il risultato è un’architettura apparentemente senza sforzo, nella quale i materiali sono connessi in modo chiaro e logico e le persone sono coinvolte in un processo di progettazione e costruzione partecipativa. In particolare è la biblioteca comunitaria Yuyarina Pacha nella foresta amazzonica a dare forma in modo emblematico al metodo e al progetto di Al Borde: un sogno collettivo, un’architettura virtuosa, un’aula pensata come scuola, laboratorio, rifugio per la memoria orale, sviluppata con la comunità Huaticocha. “Spazio-tempo per pensare”: questo significa Yuyarina Pacha in lingua kichwa. Un nome che racchiude la missione di questo luogo, nato dalle esigenze di club di lettura per i più piccoli fondato dal Laboratorio Creativo Sarawarmi y Witoca, associazione che raccoglie i lavoratori agricoli della zona. Non c’è nulla di superfluo nell’architettura in Chonta, palma locale resistente e duratura: tutto è stato pensato per accogliere la complessità del luogo, dell’umidità, della pioggia, dei bisogni reali della comunità.

Gli altri due progetti premiati raccontano la stessa attenzione per contesto, persone e materiali. Il Mirador Aula, realizzato nella foresta protetta del Cerro Blanco a Guayaquil in Ecuador, è un belvedere che diventa aula all’aperto, con un innovativo tetto in tessuto cementizio. Il Raw Threshold Pavilion, costruito a Sharjah negli Emirati Arabi Uniti per la Triennale di Architettura, è un’opera grezza e tattile, un’architettura d’ombra fatta di materiali locali recuperati. Tre opere diverse, ma unite da uno sguardo lucido e necessario cui Al Borde ha costruito relazioni e luoghi per viverle.
L’esposizione dedicata all’Architectural Award in programma a Mendrisio in Ticino fino a ottobre 2025 mostra anche i progetti degli oltre 30 candidati provenienti da 17 Paesi della nona edizione del premio promosso dalla Fondazione Teatro dell’architettura con il sostegno organizzativo e operativo dell’Università della Svizzera italiana – Accademia di architettura.
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