Anora, le location del film che ha stravinto agli Oscar

Anora

Dal club per soli uomini di Manhattan all’appartamento sul mare di Brooklyn, poi Brighton Beach, Coney Island fino alle mille luci di Las Vegas, con il suo lussuoso The Palms Hotel and Casino. La storia di Anora, il film del regista americano Sean Baker si snoda e si perde, con un andamento imprevisto, fra i sogni della giovane protagonista, novella pretty woman, e la realtà di una lotta di classe Gen Z. Anora, sex worker di Brooklyn, rivive la fiaba di Cenerentola, dopo aver incontrato e sposato il figlio di un oligarca russo. Una volta che la notizia arriva ai genitori del giovane e viziato rampollo, finisce anche il suo ‘american dream’.

Già Palma d’oro a Cannes lo scorso maggio, Anora ha incassato ben cinque premi Oscar – miglior film, miglior regia, miglior montaggio, miglior sceneggiatura e miglior attrice protagonista alla giovanissima attrice losangelina Mikey Madison. “Andate a vederlo al cinema”, dice il regista Sean Baker dal palco dell’Academy: “In un mondo pieno di divisioni, il ruolo del cinema è ancora più importante”.

A sottolineare le differenze sociali tra i due, le location e le scelte di scenografia: tutto ciò che appartiene allo stile di vita di Ivan è distante in maniera siderale dalla vita e dal lavoro di Ani. Lei vive in un appartamento a Brighton Beach con la sorella, lui in una villona con security all’ingresso. Lei lavora in un club lussuoso, lui annoia le sue giornate tra playstation, marijuana e hotel extralusso a Las Vegas.

Anche i colori degli interni sono stati pensati in funzione della storia. Lo scenografo Stephen Phelps e il regista Baker hanno discusso sullo sviluppo di una palette che fosse sui toni di bianco, nero e grigio, con incursioni di rosso da utilizzare negli interni. Spesso Phelps si è trovato a lavorare con ambienti già arredati, come nel caso del club che si trova a Midtown Manhattan. “C’erano molti spazi morti, per questo ho voluto portare una componente di rosso” ha spiegato “Per la ripresa panoramica che apre il film, ho inserito una luminescenza. Quando Drew (Daniels, il direttore della fotografia, ndr) ha fatto la ripresa sul dolly, gli specchi nella stanza e le luci riflettevano tutto quel rosso.”

La location della villa degli Zakharov, progettata davvero per un oligarca russo che ci ha vissuto per un po’, era tra le più costose: nel 2013 la richiesta ammontava a 30 milioni di dollari, ma sembra sia stata ceduto nel 2021 per 7,2 milioni di dollari. Nell’arredarla Phelps si è concentrato su una serie di stanze, usando grossi mobili come il divano color cammello vicino all’ingresso e pezzi distintivi, fra tavoli, opere d’arte, lampade, per mostra l’opulenza, con eleganza e stile.

“Ho puntato a mantenere una certa freddezza negli interni, con grossi spazi vuoti e tanta distanza fra le persone. Sembra più uno showroom che una casa. C’è molto vetro e colori perlopiù neutrali. Lo stile degli esterni del palazzo è molto austero anche se comunque molto ricco, con un richiamo brutalista per la sua architettura.”

Per il direttore della fotografia, che ha girato in 16 mm e aveva già lavorato con Baker per il film Red Rocket, girare un film ambientato a New York è un sogno divenuto realtà: “Con Sean eravamo alla ricerca di una versione fredda e grigia dell’inverno a New York da contrastare con i colori saturi e artificiali dei locali di Vegas. Il nostro non è mai un approccio dogmatico, cerchiamo di seguire le emozioni di una scena. Abbiamo lavorato in maniera molto convinta sulle ambientazioni e sui movimenti di macchina, cercando di evitare movimenti a mano a meno che non fosse strettamente necessario. Abbiamo provato a offrire un punto di vista obiettivo e realista, senza togliere alla macchina da presa il divertimento, anzi cercando di portare un po’ di ironia al film. Poi la storia prende una piega molto soggettiva; quindi, credo che non possa essere descritto in maniera sintetica. Il racconto e le sue emozioni cambiano, così come l’approccio e il linguaggio”.

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