Non solo un museo, piuttosto un luogo di contemplazione e concentrazione, che si rivela una volta varcatane la soglia. Aperto al pubblico dal 21 settembre a Philadelphia, il nuovo spazio dedicato all’artista Alexander Calder, celebre per le sue meravigliose sculture cinetiche, si distingue fin dal nome, Calder Gardens, che fa pensare più a un parco che a un edificio da visitare.
Nato da una collaborazione tra la Calder Foundation e la Barnes Foundation, il complesso è costituito da un’ampia area di giardini e prati su cui sorge un edificio il cui ingresso di legno e metallo ricorda la casa di Alexander Calder nel Connecticut. A firmare il progetto è lo studio Herzog & de Meuron, vincitore del Premio Pritzker nel 2001 e autore di architetture iconiche, come la Fondazione Feltrinelli a Milano. A disegnare lo spazio esterno è invece il paesaggista olandese Piet Oudolf. È in questo contesto, che fonde armoniosamente architettura e natura, che sono raccolte le opere di Alexander Calder, sia all’interno che all’esterno, inclusi capolavori esposti al pubblico per la prima volta.
“Un’architettura senza progetto”

“Mi sono concentrato sullo spazio piuttosto che sulla forma, il che mi ha portato a esplorare le aree sotterranee e a scoprire le aree che definiscono la struttura”, afferma l’architetto Jacques Herzog. “I Calder Gardens incarnano una sorta di architettura senza progetto, che permette alle opere d’arte di esprimere la loro diversità e ambiguità in numerosi contesti spaziali diversi. È un luogo dove ci si può sedere, passeggiare e osservare, che si tratti di natura o di arte, con la stessa facilità che si ha quando ci si siede sotto un albero”.

Nato a Philadelphia da una famiglia di artisti, Alexander Calder non è l’unico della sua famiglia ad aver lasciato un segno indelebile in città. Le loro sculture si trovano lungo la Benjamin Franklin Parkway, su cui affacciano due importanti musei, il Philadelphia Museum of Art e la Barnes Foundation. La Parkway è attraversata dalla Vine Street Expressway, che nel XX secolo ha tagliato in due la planimetria urbana di allora. Non è un caso che Calder Gardens si trovi all’incrocio di queste due grosse arterie. Molto rumoroso e poco vissuto dalle persone, il sito non presentava motivi di attrazione, nonostante la posizione centralissima.
Con l’intento di non sfruttare gli elementi più scontati dell’opera di Calder – forma, colore e movimento – né di ricalcare la maestosità dei musei che costeggiano la Benjamin Franklin Parkway, lo studio ha deciso che questo progetto non dovesse identificarsi con un edificio e ha optato per un ampio giardino, che solo gradualmente svela la presenza di un volume costituito da una serie di spazi espositivi.
Spazi green in continuo mutamento

I giardini, situati lungo la Benjamin Franklin Parkway, offrono un’oasi di biodiversità e verde pubblico proprio dove non te l’aspetteresti. Le entrate principali conducono i visitatori attraverso i paesaggi variopinti del West Woodland Garden, del Perennial Meadow, del Robust Border e del Prairie Matrix. Ogni area presenta una varietà diversa di piante, alberi e fiori, con combinazioni di specie native ed esotiche che creano contrasti ricchi di poesia.
“Ho progettato un paesaggio che risponde non solo alle condizioni specifiche del sito, ma anche alla forte adesione di Calder al movimento e al cambiamento come elementi caratterizzanti della sua arte” spiega Piet Oudolf. “Le sculture saranno collocate in dialogo con giardini in continua evoluzione. Queste opere d’arte e le piante che ho selezionato si muoveranno nel tempo a velocità diverse, in relazione tra loro e con le stagioni”. Piante come strumenti d’arte, dunque, che creano angoli di meraviglia in continuo divenire.
Un tempio sotterraneo

Se si osserva Calder Gardens dalla Parkway, la prima cosa che si nota è il muro di metallo che fa da sfondo ai giardini. La sua funzione è quella di ridurre il rumore del traffico e di incorniciare il parco, che è attraversato da una serie di piacevoli sentieri orientati verso l’ingresso. L’atrio, realizzato in legno con una tettoia in metallo, è inaspettatamente discreto, privo delle dimensioni imponenti che spesso caratterizzano gli ingressi dei musei. Fin da subito il visitatore è coinvolto in un’atmosfera intima e raccolta.
Avvicinandosi all’ingresso, l’architettura si svela come un grande disco centrale che forma una piazza e funge da tetto per le gallerie sottostanti. All’interno, i visitatori possono osservare le opere di Calder ed esplorare due giardini sotterranei: il Vestige Garden e il Sunken Garden, spazi a cielo aperto dove natura e architettura si intrecciano, con rampicanti e piante che incorniciano le sculture.

In questo museo-non-museo a rotazione verranno esposte opere dell’artista insieme a un programma ricco di attività: concerti, conferenze, proiezioni, spettacoli, letture, pratiche di consapevolezza per incoraggiare esperienze di valore per mente, corpo e spirito.
“Il nostro intento per i Calder Gardens non è solo quello di creare l’ambiente ideale affinché il pubblico possa scoprire l’opera di mio nonno, ma anche di stimolare la contemplazione e la riflessione personali”, ha affermato Alexander S. C. Rower, presidente della Fondazione Calder. “Il ruolo di Calder come pioniere dell’arte esperienziale è essenziale per la sua eredità. Per gli spettatori che si aprono alle possibilità dei suoi mobile e stabile, l’inaspettato prende forma. I suoi oggetti si dispiegano continuamente in tempo reale”.
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