Fondato da Alexandre de Betak (definito dal New York Times il “Fellini della moda”) e ora diretto da Guillaume Troncy, Bénédicte Fournier Beckmann e Paco Raynal, lo studio parigino Bureau Betak dà vita a mondi sospesi tra sogno e realtà, trasformando ogni scenografia in un racconto unico e stupefacente. Come il viaggio intergalattico ideato per Chanel al Grand Palais, dove tra stelle e pianeti Matthieu Blazy ha debuttato con la sua prima collezione.

Solo uno dei tanti set memorabili che lo studio ha firmato per le ultime sfilate, dal giardino di ortensie sotto la Tour Eiffel creato per Saint Laurent al maxi tavolo da gioco (con Studio Mumbai) per Louis Vuitton al Centre Pompidou ma anche i gradoni color pastello per Fendi a Milano e le sedute in vetro di Murano firmate 6.AM per Bottega Veneta.
Abbiamo chiesto ai tre managing partners e co-CEO di Bureau Betak di raccontarci come nascano i loro set e cosa significhi progettare una sfilata in un’epoca dominata dalla comunicazione digitale.

Come è cambiato negli ultimi anni l’approccio alla progettazione delle sfilate di moda?
In Bureau Betak, la nostra moneta è l’emozione, e lo è sempre stata. Lo studio è nato negli anni ’90 per rispondere al desiderio dei brand di esprimere un punto di vista e raccontare una storia che creasse una connessione con il pubblico. All’epoca, il design si concentrava sull’esperienza fisica e sull’immagine, che avrebbe viaggiato per il mondo attraverso i media tradizionali. Quello che è cambiato oggi è il ruolo dei social media e l’incredibile velocità con cui i contenuti possono viaggiare per il mondo, amplificati da una moltitudine di canali. Oggi tutti noi siamo dei content creator e il potere di amplificazione dei contenuti è cresciuto enormemente. Di conseguenza, dobbiamo assicurarci che le immagini delle sfilate realizzate dal brand e i contenuti ripresi dai partecipanti riflettano lo stesso livello di creatività e che il messaggio sia coerente.

Nel 2016 abbiamo fondato Bureau Future, un’agenzia che unisce strategia creativa, direzione artistica e production per creare immagini, film ed esperienze. Il modo in cui oggi progettiamo le sfilate di moda ha a che fare con il fatto che si è passati dalla produzione di un’unica immagine forte della passerella a un ambiente di visual complementari. È ancora necessario quel contenuto centrale, ma ora esso si inserisce in un ecosistema di messaggi e immagini di supporto che devono essere coerenti con la storia complessiva che il brand vuole raccontare. Quando la pandemia ha reso ancora più importante la comunicazione digitale delle esperienze fisiche, eravamo già pronti con team, competenze ed esperienza già in atto.
Un cambiamento più recente riguarda l’importanza di posizionare la sfilata, e l’ecosistema di contenuti che la accompagna, nel giusto contesto. I brand hanno sempre utilizzato la sfilata di moda per comunicare chi sono, ma oggi le sfilate di maggior successo esprimono chi sono in un particolare contesto: quello del presente. Una sfilata può segnalare la rilevanza culturale di un brand in molti modi: attraverso la musica, le persone invitate, gli artisti con cui collaborano – tutti elementi che rendono l’esperienza più potente e interessante a livello collettivo.


Il pubblico delle sfilate di oggi è sempre più ibrido, sia fisicamente presente che online. In che modo questa dualità ha trasformato il vostro modo di pensare l’esperienza scenografica di una sfilata?
Non si può pensare a una sfilata di moda isolandola, senza considerare la doppia esperienza: coinvolgere i sensi dei partecipanti presenti di persona e allo stesso tempo catturare un’esperienza a 360° per il pubblico digitale. Ogni pubblico è importante quanto l’altro, il che significa che l’esperienza scenografica di ogni sfilata deve essere progettata integrando la disposizione delle telecamere nel layout.
Lavoriamo sempre per massimizzare il numero di telecamere e di angolazioni per creare un’esperienza digitale completa. La chiave è stratificare quelle telecamere e quelle angolazioni per raccontare la storia dell’ambiente, oltre a mostrare la collezione. Si può passare da primi piani che catturano il movimento dei tessuti a inquadrature più ampie che danno allo spettatore un miglior senso di ciò che accade nello spazio. Lavoriamo a stretto contatto con il brand per comprendere la collezione e assicurarci di comunicare tutti i dettagli più fini. Insieme ai nostri clienti pensiamo a come replicare l’esperienza per lo spettatore digitale, in modo che possa non solo vedere la collezione, ma anche percepire l’illuminazione, la musica e l’atmosfera.
C’è poi un secondo livello che riguarda la progettazione dell’illuminazione e la produzione della diretta streaming. Bisogna pensare alle luci, alla musica e alla coreografia per creare un’atmosfera che sia speciale e bella per chi è nella sala, ma che funzioni bene anche in video. Consideriamo sempre che i contenuti saranno prodotti da noi, dai media ma anche da tutti i partecipanti; questo significa che tutti questi elementi devono funzionare contemporaneamente per tre diversi tipi di produzione delle immagini.


Ci sono elementi o caratteristiche specifiche che, a vostro avviso, rendono immediatamente riconoscibile un set di Bureau Betak?
Se ti trovi a una sfilata di Bureau Betak, provi qualcosa; la luce, la musica e la coreografia sono progettate per lavorare insieme ed evocare emozione, comunicando lo spirito del brand. Quel tipo di connessione emotiva è alla base del nostro modo di lavorare. Diamo un grande valore alla creatività e abbiamo costruito relazioni durature con i nostri clienti, fondate sulla fiducia, sul rispetto reciproco e sulla completa riservatezza. Questo approccio ci consente di collaborare liberamente e garantire il più alto livello di esecuzione in ogni dettaglio, assicurando che l’esperienza sia perfezionata per il brand, per i partecipanti e persino per chi guarda online.

Puoi raccontarci come create i vostri set e da dove traete ispirazione?
La nostra missione è tradurre la visione di un brand in un’esperienza che connetta le persone e generi conversazioni a livello globale. Siamo uno specchio dei nostri tempi, quindi non esiste una sola fonte d’ispirazione. Prendiamo ispirazione da tutto: mostre, nuovi prodotti, arte, colori, musica, cinema. Siamo ispirati dal mondo in cui viviamo.

Come siete finiti a fare questo lavoro? Potete raccontarci, in breve, il vostro percorso, che tipo di formazione avete e qual è il vostro background?
Bénédicte Fournier si è unita allo studio all’inizio, nel 1990, dopo una carriera nel mondo dell’intrattenimento e della televisione, lavorando con realtà come Canal+, e trasferendosi a New York prima di tornare in Francia. Paco Raynal si è unito al team nel 2003, appena finiti gli studi, e Guillaume Troncy è entrato nell’azienda nel 2013 dopo aver lavorato per Gucci e Publicis.
Come vi dividete i compiti tra voi tre?
In Bureau Betak il nostro compito è dare forma al modo in cui viene vissuta la creatività. Ci impegniamo a tradurre le visioni creative in momenti che emozionano le persone. Il nostro approccio è radicato nell’emozione. Gestiamo Bureau Betak come un collettivo, cercando di concentrare il nostro tempo tra relazioni con i clienti, operazioni e strategia di crescita.




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