CasaFacile di Settembre 2025: l’editoriale del direttore

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Mia cognata americana non ha avuto dubbi dal primo minuto: «È il Cat Distribution Center che te l’ha mandata, non puoi fare altro che accoglierla» ha sentenziato davanti alla gattina emaciata che ci ha chiesto aiuto con estrema determinazione e altrettanta dolcezza.

Non ho mai amato i gatti, ma per onestà devo riscrivere la frase: non ho mai conosciuto i gatti. Spesso non amare e non conoscere sono la stessa forma verbale. Frastornata, ho accolto gli eventi: mia cognata con i tre figli al seguito che porta la gattina dal veterinario e dà per scontato che sia entrata nella famiglia, nel nucleo al di qua dell’Oceano, ovvero a casa nostra!

Ripetendo a me stessa come un mantra “forse è tempo di uscire dalla comfort zone ed esplorare un mondo ignoto”, mi sono piegata all’idea che avrei potuto adottare un gatto.

Ho reagito come mio solito, contattando tutte le amiche gattare e moltiplicando il non piccolo numero con le follower su Instagram: non so niente di gatti, spiegatemi come si fa! E mentre lanciavo l’S.O.S. urbi et orbi, il pensiero n. 1 era: la mia casa è adatta a un gatto?

Non intendevo se un gatto avrebbe distrutto tende, divani e mobili in paglia: pensavo proprio se la mia casa fosse adatta o no. Era una specie di ossessione, ripetevo a tutti la stessa domanda, alle amiche, alle follower, al simpatico veterinario, alla sua assistente, a chiunque incontrassi.

Poi gli eventi sono precipitati. Sono comparsi tre gattini, probabilmente figli della gatta che nel frattempo era in cura dal veterinario, li abbiamo portati a Milano, si sono adattati alla nostra casa con la naturalezza di tre adolescenti in un luna park, abbiamo trovato due amorevoli famiglie adottive e io ho capito perché quella domanda mi assillava tanto: la mia casa sarà adatta a un gatto era un altro modo per chiedermi se io fossi adatta a un gatto. Se fossi pronta per lasciare invadere i miei spazi, il mio tempo, le mie abitudini da qualcosa di ignoto.

Mentre mando in stampa questo editoriale la risposta ancora non ce l’ho (devo rimandarvi ai social se volete scoprire il seguito della storia), ma c’è una nuova consapevolezza che vi lascio: a volte la nostra casa diventa l’alibi per fare o non fare qualcosa, e se accade è perché casa è un’altra forma per dire noi.

Francesca Magni, direttore

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