Gli occhiali alla Harry Potter, lo sguardo vispo e la mente brillante, un passato da nerd. Basta guardare Refik Anadol per entrare nel suo mondo magico. Tra i più influenti media artist, pioniere dell’estetica generata dalle macchine, è lui che ha coniato l’espressione ‘pittura dei dati’. Nel suo paese delle meraviglie, l’arte, la scienza e l’architettura incontrano la tecnologia, con i numeri che si scompongono in pixel, diventando quadri e sculture digitali.
Niente tele, pennelli o scalpello, l’artista turco classe 1985 crea le sue installazioni immersive e multisensoriali affidandosi agli algoritmi e all’intelligenza artificiale.
È stato lui a racchiudere 200 anni di storia del MoMA di New York in un’unica opera astratta proiettata su un videowall, a portare il cielo in una stanza rielaborando milioni di foto della Nasa scattate da satelliti e telescopi, e a riflettere sul cambiamento climatico al World Economic Forum di Davos 2025 in modo interattivo, con schermi Led e sensori alimentati da energie rinnovabili.
Il primo computer a otto anni, la programmazione base imparata da autodidatta su un Commodore 64, la passione per Blade Runner e una laurea in Visual Communication Design alla Istanbul Bilgi University, dove da studente trasformò un muro di cemento del campus in un mare mosso utilizzando un semplice proiettore. Un clic che gli ha spalancato le finestre sul futuro.
Refik ora è a Bilbao con Living Architecture, una mostra al Guggenheim fino al 19 ottobre e nel prossimo futuro aprirà a Los Angeles il primo museo al mondo interamente dedicato all’IA. Continua a lavorare con l’informatica, catturando gli input intorno a noi, spulciando tra gli archivi storici e sfogliando libri, studiando software di ultima generazione.
È il computer che diventa estensione delle mani e della mente: «In ogni mio lavoro cerco sempre il collegamento tra fisico e digitale, esplorando come i dati possano dare forma a esperienze immersive. L’obiettivo resta quello di tradurre l’intangibile in qualcosa che possiamo sentire e sperimentare collettivamente attraverso la narrazione e la percezione».
L’installazione site-specific Renaissance Dreams è un viaggio onirico sulle tracce della storia dell’arte italiana attraverso quattro capitoli: pittura, architettura, scultura, letteratura. L’opera, permanente dal 2020, quando Anadol ha esposto per la prima volta in Italia, è allestita al MEET Digital Culture Center di Milano, centro internazionale per la cultura digitale di Milano (visibile ogni martedì dalle 15 alle 19).
Renaissance Dreams è stata anche ospitata di recente a Palazzo Citterio, in occasione della sua riapertura dopo oltre 50 anni di attesa. Per realizzarla sono stati raccolti ed esaminati un’infinità di immagini e testi prodotti tra il 1300 e il 1600, documenti poi elaborati con l’aiuto di programmatori e data scientist, e rivisitati da algoritmi. Il risultato è una nuova realtà, parallela, virtuale, che cambia la percezione del tempo e supera i confini dello spazio fisico reinterpretando il passato.
Nei suoi lavori, pavimenti, muri e soffitti scompaiono, le texture sbocciano come fiori, i pigmenti diventano pattern vivaci che danno vita a interi edifici.
A Barcellona, Casa Batlló di Gaudí è stata accesa con un videomapping notturno sulla facciata e animata con una passeggiata ipnotica tra le varie stanze.
Per il nuovo intervento Living Architecture al Guggenheim di Bilbao, firmato da Frank Gehry nel 1997, ha invece reinterpretato l’eredità progettuale dell’architetto canadese, presentando disegni e bozzetti dell’epoca come una narrazione visiva fluida in costante mutamento. Non è la prima volta che Anadol si confronta con le architetture di Gehry: l’aveva già fatto trasfigurando la facciata curvilinea della Walt Disney Concert Hall con una performance di luci.

Lo farà ancora inaugurando il museo Dataland all’interno di The Grand LA disegnato dall’archistar. La data di apertura non è ancora stata annunciata, ma quel che è certo è che sarà il primo museo al mondo interamente dedicato all’intelligenza artificiale e a una nuova forma d’arte digitale che va oltre il metaverso: «È il progetto più grande realizzato fino a oggi. Sarà uno spazio dedicato al dialogo tra l’immaginazione umana e il potenziale creativo delle macchine. I visitatori troveranno sculture di dati AI su larga scala e installazioni interattive. Gli incendi di Los Angeles hanno complicato e rallentato il tutto ma hanno anche rafforzato il nostro impegno nel costruire qualcosa di resiliente e lungimirante».
Il dato è tratto.
L’articolo Chi è Refik Anadol, il pioniere dell’arte generata dai dati sembra essere il primo su Living.