C’è un’estetica che affascina da più di due secoli per la sua semplicità rigorosa, la sua tensione morale, la sua capacità di coniugare funzionalità e bellezza. È lo stile Shaker, nato dall’esperienza di una comunità religiosa nata nel XVIII secolo in Inghilterra e migrata in America con un sogno utopico: costruire una società fondata sull’uguaglianza, il lavoro, la preghiera e la condivisione. La mostra The Shakers: A World in the Making, in corso al Vitra Design Museum fino al 28 settembre 2025, ne indaga le origini, i valori e le sorprendenti risonanze contemporanee.
Curata da Mea Hoffmann, Shoshana Resnikoff, Hallie Ringle e Zoë Ryan, con allestimento firmato Formafantasma, l’esposizione raccoglie oltre 150 pezzi originali provenienti dallo Shaker Museum di Chatham, nello stato di New York: mobili, architetture, utensili e oggetti quotidiani che incarnano una visione del mondo basata sull’ordine, sull’essenzialità e sull’armonia collettiva. Ma anche opere contemporanee – da Christien Meindertsma ad Amie Cunat – che dialogano con quell’eredità, reinterpretandone i principi alla luce di temi come l’inclusività, la sostenibilità, la cura.
La forza dello stile Shaker sta nella sua coerenza radicale. Le case erano spazi ariosi e ordinati, pensati per il lavoro e la preghiera, divisi secondo un rigido ordine di genere, ma animati da una profonda tensione egualitaria. I mobili – panche, sedie ladder-back, tavoli, cassettiere – erano progettati per durare, per servire, per integrarsi con l’architettura senza mai imporsi. Il celebre peg rail, la barra con ganci che corre lungo le pareti per appendere oggetti e mobili, ne è l’emblema: un gesto di design che è insieme pratica e filosofia. In mostra spiccano le celebri oval boxes, i contenitori di legno perfettamente proporzionati, simbolo di una bellezza funzionale ancora oggi imitata, o le tilting chairs con meccanismo basculante, antenate delle sedie ergonomiche moderne.
Come spiega Mateo Kries, direttore del Vitra Design Museum, «la mostra esplora non solo un’estetica, ma una visione alternativa di società». E forse proprio oggi, il messaggio degli Shakers – lavorare insieme, vivere con meno, progettare con senso – risuona più forte che mai.

Una lezione di semplicità, anche oggi
Ma cosa rende ancora oggi così attuale lo Shaker? Nato tra il Settecento e l’Ottocento come espressione materiale di una fede radicale – che predicava l’uguaglianza tra i sessi, la vita comunitaria e la rinuncia al superfluo – questo linguaggio si è tradotto in un’estetica sobria, ma tutt’altro che povera. Niente ornamenti, solo proporzioni armoniche, materiali naturali e linee pulite. Ogni oggetto doveva essere utile, duraturo, costruito con onestà.
I mobili Shaker, spesso realizzati in legno locale (rovere, acero, pino, ciliegio), erano pensati per rispondere con rigore alle esigenze della vita quotidiana. Le sedie a schienale alto ladder-back, le madie capienti, le mensole e i peg rail per appendere utensili e arredi a parete, parlano ancora oggi di funzionalità e ordine. Nelle cucine dominano ante incorniciate, piattai e superfici libere; nella zona giorno, tavolini bassi e consolle essenziali. Anche camere e bagni seguono lo stesso principio: forme semplici, spazi ben organizzati, tutto in equilibrio.
Non stupisce che questo approccio continui a influenzare l’interior design contemporaneo, rileggendo la lezione Shaker come una forma di minimalismo caldo: legni lasciati a vista, palette neutre e accessori discreti. In cucina, ad esempio, tornano le isole in legno squadrato e le lampade essenziali; nel living, arredi sobri che mettono al centro la qualità dello spazio più che degli oggetti. È un modo di progettare che parla di consapevolezza, cura e bellezza silenziosa – più vicino di quanto immaginiamo al nostro presente.
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