Dal Museum of Modern Art di New York alla Casa Bianca fino, lo scorso autunno, alla Grande moschea di Cordoba; ma anche mostre, serate di gala e sfilate di noti stilisti, tra cui quelle di Jason Wu e Ulla Johnson. Negli ultimi quindici anni, la flower designer statunitense Emily Thompson ha vestito di fiori gli spazi e gli eventi pubblici e privati più diversi e ha collaborato con molte aziende, lasciando sempre il segno con il suo stile poetico e selvaggio, sempre un po’ drammatico e misterioso. Una carriera iniziata quasi per caso e ora ripercorsa, per la prima volta, con un libro: Emily Thompson Flowers, edito da Phaidon, in uscita ad aprile. Non una semplice rassegna delle sue opere ma una vera e propria immersione nel suo approccio e nella sua visione della natura.
Quasi 250 pagine – con ben 200 immagini – in cui Emily Thompson racconta le sue ispirazioni, riflette sulle complesse sfaccettature dei materiali che ogni giorno maneggia e fa capire come con il suo lavoro celebri la bellezza più autentica dei fiori – intendendo con la parola fiori “anche le foglie, gli steli, le spine, le radici e i bulbi”, scrive lei stessa nel libro – e tutto il loro ciclo di vita; decomposizione compresa.
Il libro non è legato a un anniversario o a una data particolare ma senza dubbio nasce in un momento di grande fermento. «Il 2024 mi ha portato in India, in Spagna e in molti altri luoghi interessanti» racconta la flower designer «anche se devo ammettere che ogni periodo porta con sé avventure emozionanti: lavoro con i fiori da oltre 15 anni ed è sempre una sorpresa».
E pensare che all’inizio non era questa la sua professione. Cresciuta nel Vermont, dopo gli studi universitari in arte e scultura in Pennsylvania e California, Emily Thompson inizia infatti a lavorare come artista. Poi, all’improvviso, la rivelazione: la scoperta di essere chiamata a fare altro nella vita. «In un periodo in cui cercavo di sbarcare il lunario lavorando appunto come artista, mi è stato chiesto di assemblare dei fiori per un’amica» racconta la flower designer ripercorrendo i suoi esordi. «Avendo acquisito delle competenze durante gli anni universitari, mi sono sentita abbastanza a mio agio nel farlo» continua, «ma la sorpresa è stata scoprire di avere opinioni forti e radicate su come dovevano essere i fiori, che nelle tradizionali composizioni strette e senza stagione mi sembravano maltrattati, e di non badare per nulla alle convenzioni. In quel momento ho capito che avevo una missione e che il mio strumento per portarla avanti erano proprio i fiori» spiega.

Un approccio innovativo fin da subito, insomma; mai più abbandonato. Del resto, basta osservare la bellezza autentica ma non banale delle sue creazioni, anche oggi lontane dalle tendenze commerciali del momento ma sempre attente al periodo – e spesso anche al luogo – in cui vengono realizzate. «Il mio processo creativo parte sempre dalla stagione e prima di iniziare guardo i miei materiali» svela Emily Thompson. «L’ispirazione invece arriva da più parti: dalla letteratura per esempio – sono una grande lettrice, soprattutto di narrativa –, ma anche dall’arte, dall’architettura, dalla moda e dalla musica; perfino dalla routine quotidiana. E poi sono sono particolarmente interessata ai paesaggi estremi». Come quello che sceglie quando le viene chiesto quale pianta senta più affine: «più che un fiore» conclude la flower designer «io sono una foresta».
L’articolo Emily Thompson: «Io sono una foresta» sembra essere il primo su Living.