Frank Gehry, l’addio all’architetto che plasmò l’impossibile

Frank Gehry davanti al Guggenheim di Bilbao – Foto DOMINIQUE FAGET/AFP via Getty Images

L’architetto Frank O. Gehry si è spento nella sua residenza di Santa Monica, in California, all’età di 96 anni. La notizia del decesso dell’archistar, causato da una breve malattia respiratoria, è stata confermata da Meaghan Lloyd, a capo del suo staff. Nato a Toronto nel 1929 da genitori di origine polacca e successivamente naturalizzato statunitense, Gehry ha ridefinito il panorama dell’architettura moderna con i suoi volumi sinuosi e le sue forme scultoree.

Il suo linguaggio progettuale si è sempre distinto per l’uso di superfici trasparenti, riflettenti e cromaticamente audaci, unificate da una plasticità dirompente che si pone in antitesi alla rigida geometria euclidea. Questo approccio pionieristico lo ha consacrato come il padre putativo del Decostruttivismo. La genesi ufficiale di questa corrente risale alla storica mostra del 1988 al MoMA di New York, curata da Philip Johnson, che vide esporre, tra gli altri, figure del calibro di Zaha Hadid, Coop Himmel(b)lau, Rem Koolhaas, Daniel Libeskind e lo stesso Frank O. Gehry. Quello che all’epoca era un neologismo geniale, è oggi un termine fondamentale nel vocabolario dell’architettura, descrivendo uno stile basato sulla calcolata disarmonia e sulla frammentazione dei volumi.

Le sue strutture, caratterizzate da tagli e spigoli, sembrano sfidare le leggi fondamentali della fisica, presentandosi come volumi plastici anticonvenzionali che rifiutano la simmetria e l’equilibrio formale. Un elemento cruciale per la realizzazione di queste geometrie complesse è stato l’impiego pionieristico di software di origine aerospaziale, come CATIA, essenziale per la progettazione e l’ingegnerizzazione delle sue ardite creazioni.

FrankO.Gehry
Luma di Arles – Foto Adrian Deweerdt

Tra le sue realizzazioni più significative figurano il Guggenheim Museum Bilbao (Bilbao, Spagna, 1997), rivestito in lastre di titanio e riconosciuto come il capolavoro che diede il via al celebre “effetto Bilbao”, e la Walt Disney Concert Hall (Los Angeles, USA, 2003), nota per le sue facciate curve in acciaio inossidabile che ricordano vele gonfiate. Un’altra opera emblematica è la Fondation Louis Vuitton (Parigi, Francia, 2014), che si presenta come un insieme di nuvole di vetro e vele tese. Precedente a queste, il Weisman Art Museum (Minneapolis, USA, 1993) fu una delle prime espressioni delle sue forme metalliche scultoree. Infine, la Dancing House (Praga, Repubblica Ceca, 1996), soprannominata “Fred and Ginger”, è celebre per le sue torri che simulano un passo di danza.

Frank Gehry, l'addio all'architetto che plasmò l'impossibile
Foto © DB-ADAGP Paris / Iwan Baan / Fondation Louis Vuitton

La sua metodologia progettuale, profondamente influenzata dalla scultura e dalla psicoanalisi, è stata immortalata nel film documentario Frank Gehry – Creatore di sogni (Sketches of Frank Gehry), diretto da Sydney Pollack. La sua illustre carriera è stata costellata di riconoscimenti di prestigio, tra cui spiccano il Pritzker Prize nel 1989 e il Leone d’Oro alla carriera alla Mostra Internazionale di Architettura di Venezia nel 2008.

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