Guardare l’Italia dal Mare con Guendalina Salimei

Nel suo celebre Naufragio con spettatore, il filosofo Hans Blumenberg ribaltava la prospettiva del De Rerum Natura di Lucrezio: non più lo sguardo di chi, sulla riva, osserva da una posizione sicura il naufragio altrui, ma quello del naufrago stesso che rivendica la scelta di aver rischiato la propria vita cercando nuovi mondi. La stessa inversione di prospettiva, cioè l’adozione del punto di vista del mare, è al centro del progetto curatoriale che l’architetta Guendalina Salimei ha concepito per il Padiglione Italia alla Biennale di Architettura 2025: Terrae Aquae. L’Italia e l’intelligenza del mare.

Salimei è la prima donna a essere stata incaricata della curatela del padiglione italiano a una Biennale d’architettura e il suo allestimento espositivo, che occupa come al solito gli spazi delle Tese delle Vergini all’Arsenale di Venezia, è stato organizzato intorno a tre “stazioni” concettuali.

Guardare l'Italia dal Mare con Guendalina Salimei

All’ingresso ci si fa incontro il Muro Bicefalo, un monumentale elemento verticale che riproduce i filmati del passato e del presente dell’Italia costiera. Sul retro del muro, circumnavigato da una lunga rampa che sale e ridiscende, è allestita la Quadreria, la seconda stazione del Padiglione: è qui che, come in una wunderkammer  contemporanea, sono state organizzate “per associazioni e affinità” le visioni del futuro di Terrae Aquae, pervenute dalla Call for visions and projects.

Guardare l'Italia dal Mare con Guendalina Salimei
Accedendo alla seconda tesa, i muri sono foderati di narrazioni fotografiche ma soprattutto di mappe e diagrammi del Mediterraneo, diversissime per scala e per contenuti, che ci mostrano dove passano i gasdotti e i cablaggi, fino a dove si estendono i confini marittimi istituzionali e quali sono gli innumerevoli siti archeologici subacquei e costieri.

Al centro della sala, lo spazio è dominato per tutta la lunghezza dal Pontile della Ricerca, una grande struttura terrazzata fatta di tubi innocenti, che evoca nella sua poetica semplicità le architetture effimere delle spiagge rocciose durante l’estate. Una sequenza di monitor interattivi permette al visitatore di visualizzare i documenti video ricavati dalle analisi, dai progetti e dalle ricerche scientifiche e culturali raccolte attraverso la call.

Guardare l'Italia dal Mare con Guendalina Salimei

È una polifonia di dati e di informazioni copiosa ed eterogenea, sia per provenienza disciplinare che per linguaggio visivo. D’altro canto, il Padiglione rispecchia perfettamente l’idea originaria della curatrice, quella di coinvolgere e mixare saperi e competenze diverse per parlare del rapporto dell’Italia con la sua costa.

Architetta Salimei, cosa osserviamo quando adottiamo il punto il punto di vista del mare?

«Il nostro Paese si allunga su oltre 8000 chilometri di costa. Ma questa costa spesso ce la lasciamo alla spalle per ammirare il mare. Mi interessava invece osservare cosa intercetterebbe il nostro sguardo se, con una prospettiva ribaltata, scrutassimo la costa dal mare. Quello che intercetta sono gli ecosistemi naturali, ma anche l’abusivismo degli anni ’70 che occupa i paesaggi. Intercetta le città costiere, così come i sistemi industriali per lo più dismessi, che restano piuttosto trascurati dall’indagine architettonica. Intercetta naturalmente il sistema infrastrutturale, parte del quale si trova proprio in acqua, il patrimonio storico artistico e anche quello militare. La costa è un limen, una soglia sempre in movimento e con un futuro sempre più incerto, di cui l’architettura, in dialogo con la geografia, l’ingegneria, la biologia, l’archeologia e tutti i saperi coinvolti, dovrà necessariamente occuparsi».

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Ha lanciato una Call for visions and projects aperta a tutti, che ha mobilitato oltre 600 adesioni.

«Per la Biennale del 1985 Aldo Rossi lanciò il Progetto per Venezia raccogliendo oltre 2600 proposte, con l’idea che ogni riflessione non dovesse andare perduta. All’epoca ero una giovane studentessa al primo anno di università e mandai un piccolo progetto che fu selezionato, insieme a molti altri, nella mostra. Il mio nome era menzionato in fondo, nella lunga lista del catalogo generale, ma questa presenza marginale mi fece sentire partecipe di un progetto collettivo.

Ho ritenuto che fosse giusto coinvolgere e ascoltare tutti quelli che si sentivano toccati dal tema di Terrae Aquae. Sinceramente, non mi aspettavo un’adesione così massiccia, ma se qualcuno ha delle idee interessanti, perché dovrei privarlo dall’esprimerle? Sono arrivati oltre 600 progetti da professionisti, da università, da enti pubblici, da centri di ricerca, dalle scuole, dalle amministrazioni, dalle carceri, dalle fondazioni, dalle associazioni, persino dalle stesse autorità portuali, con profili, campi di studio e competenze molto diversi. Tutto il Paese si è attivato, un flusso di dati enorme e ricchissimo, che come curatrice ho riorganizzato e messo a sistema».

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Una volta ha parlato degli architetti come medici dei territori violati. Il motto di Ippocrate dice: primum non nocere. Eppure spesso sono proprio le infrastrutture e le architetture le maggiori responsabili dei rapporti problematici con il mare e con la costa.

«Pedrag Matvejevic, nel suo Breviario del Mediterraneo, distingueva le città di mare e le città sul mare. Queste ultime sono quelle che hanno rotto il loro rapporto con l’acqua, si sono separate dal mare voltandogli le spalle. Oggi, anche di fronte alle sfide del cambiamento climatico che sta alterando rapidamente i rapporti vigenti tra terra e mare,  uno degli aspetti più urgenti è riconsiderare le cesure spaziali create dalla presenza di costruzioni e infrastrutture che interrompono la continuità fisica e percettiva fra la città e il mare, oltre che fra i diversi ecosistemi naturali. Dobbiamo immaginare nuove pratiche collettive e interdisciplinari, ed elaborare usi innovati di quelle esistenti. In un Paese come il nostro, così pieno di edifici abbandonati in attesa di riattivazione, non c’è da costruire, ma da riparare, ricucire, riutilizzare e re-immaginare usando logiche e strumenti diversi dal passato».

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Cosa spera di trasmettere con il suo Padiglione, qual è il futuro di Terrae Aquae alla fine della Biennale?

«Penso che non sia possibile fare una vera rigenerazione dei waterfront e delle coste senza l’aiuto della gente, delle associazioni e delle amministrazioni locali. Per questo auspico che tutte le riflessioni e tutte le suggestioni raccolte, elaborate e in qualche modo sistematizzate attraverso il Padiglione, attraverso il catalogo e anche attraverso il Public Project, con i dibattiti e le conversazioni programmate durante la Biennale, rifluiscano di nuovo nei territori, restituendo con una nuova consapevolezza ciò che era stato ricevuto. É questo il vero esempio di intelligenza del mare che si fa intelligenza collettiva».

Guardare l'Italia dal Mare con Guendalina Salimei

Il Padiglione Italia sarà visitabile dal 10 maggio al 23 novembre 2025 presso le Tese delle Vergini dell’Arsenale di Venezia, e sarà accompagnato da un programma di seminari e workshop.

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