Il nome ufficiale è Ponte della Costituzione, ma tutti lo conoscono e lo chiamano con il nome del suo autore: Ponte di Calatrava. Inaugurato l’11 settembre del 2008, è il quarto ponte pedonale con cui è possibile attraversare il Canal Grande a Venezia e nasce da un progetto che fu regalato nel 1997 dall’architetto portoghese alla città lagunare.
La giunta guidata dal sindaco Massimo Cacciari decise di affidare la preparazione della documentazione relativa al Disegno di Ingegneria architettonica e strutturale del quarto Ponte sul Canal Grande proprio a Santiago Calatrava, assieme agli enti coinvolti e con la revisione da parte dell’Associazione per la Protezione della Città di Venezia e della Sovrintendenza ai Beni Artistici e Culturali di Venezia.
La caratteristica più evidente (ma anche la più discussa) del ponte di Calatrava sono le sue parti in vetro. Dal primo all’ultimo scalino ci sono 94 metri mentre l’ampiezza centrale è di 81 metri. Ai due accessi la larghezza misura 5,58 metri mentre nella parte centrale 9,38 metri. L’altezza passa dai 3,20 metri sulle sponde ai 9,28 metri nel punto più alto. L’arco centrale in acciaio tinto di rosso, altro elemento caratterizzante, ha un raggio di 180 metri.

Problemi e costi
Già prima dell’approvazione finale del progetto, arrivata nel 2001, emersero dubbi sollevati da addetti ai lavori, in particolare sulla staticità. Nel 2002 la gara d’appalto affidò i lavori alla ditta veneta Cignoni che sollevò dubbi che richiesero l’intervento dello studio di Calatrava, in particolare fu evidenziato che la quantità di ferro calcolata per la realizzazione dello scheletro fosse sottostimata. Effettivamente, rispetto ai 5.000 metri cubi stimati, ne furono utilizzati il doppio.
La durata prevista per i lavori era stata stimata in un anno e mezzo, alla fine ce ne vollero sei. Assieme ai tempi aumentarono anche i costi di realizzazione che passarono da 6,7 a oltre 11 milioni di euro. La lievitazione delle spese fu causata, a detta della Cignoni che fallirà nel 2009, da problemi di comunicazione tra ditte appaltatrici e Comune e dai problemi di progettazione emersi, problemi che comunque non vennero riconosciuti dalla prima delle inchieste intorno al ponte di Calatrava.

Poco accessibile, poco agibile
Un altro tema che richiese una spesa importante fu l’accessibilità del ponte. Con la legge sulle barriere architettoniche in vigore, la presenza di gradini non rendeva conforme il ponte. Fu pensata allora un’ovovia che corresse su un binario installato all’altezza del corrimano, aggiunta a cui si oppose lo studio di Calatrava, ma che fu realizzata ugualmente.
Il costo fu di 1,8 milioni di euro, ma questo trasporto alternativo non entro mai veramente in funzione per lentezza, problemi meccanici e la temperatura all’interno dell’abitacolo. Rimase ferma per diversi anni perché smontarla era ritenuto un danno erariale per il suo costo, ma alla fine fu dismessa al costo di 40.000 euro nel 2020. La questione dell’agibilità fu aggirata indicando nel servizio del vaporetto l’accesso alternativo tra le due sponde.
Ma l’agibilità del ponte di Calatrava è ancora in discussione per i suoi gradini in vetro presenti ovunque tranne che all’accesso e nella fascia centrale. Questa superficie, fin dai giorni dell’apertura, causa costantemente cadute in chi la percorre. Questo succede particolarmente in inverno, con la pioggia e la forte umidità che contraddistingue Venezia che rendono scivolose queste superfici, fino a rendere necessaria la chiusura di queste porzioni del ponte.

Il vetro è anche soggetto a una forte usura che ha costretto alla sostituzione, anche con un materiale minerale come la trachite, per cui si ipotizza oggi una sostituzione di tutte le parti in vetro a terra. Nel progetto la durata dei gradini in vetro era stata stimata da Calatrava in 20 anni e non dopo 4 anni come effettivamente è stato necessario. Questa responsabilità fu decisiva nella condanna in sede di appello al pagamento di 78.000 euro di danni per l’architetto portoghese nel 2019.
Altro aspetto molto criticato è l’alzata e la pedata irregolari dei gradini che costringono a un continuo aggiustamento del passo da parte dei passanti. E l’illuminazione installata su ogni gradino non è mai entrata in funzione perché si ritiene che confondano la percezione della camminata.

Uno dei motivi dell’estrema usura a cui è sottoposto il ponte di Calatrava è anche la sua posizione. Questo passaggio sul Canal Grande collega i due maggiori punti di accesso della città, quello su gomma di Piazzale Roma e quello ferroviario. Questo comporta non solo un passaggio medio di oltre 15.000 persone, ma anche il transito di pesanti carrelli di trasporto per merci e bagagli che risulta quindi decisivo nel danneggiamento della pavimentazione. A livello urbanistico, aprire una via che somma i turisti che accedono con auto e autobus a quelli che arrivano con il treno, ha creato un forte disequilibrio nella già critica gestione dei flussi turistici in città.
Ai costi di manutenzione si sommano poi gli interventi sulle crepe emerse su entrambe le rive dovute alla spinta del ponte. Una forza dovuta anche al fatto che abbia un’altezza molto contenuta. Proprio uno dei dubbi che erano stati sollevati in fase di approvazione del progetto.
Una sconfitta del contemporaneo?
Tutto questo succede in una città come Venezia dove l’architettura contemporanea è vista da molti come un tabù. Un paradosso vista la presenza della Biennale, manifestazione che rappresenta l’appuntamento più importante al mondo per l’architettura e l’arte contemporanea.
Ma anche per i tanti esempi di progetti moderni presenti in città, anche solo pensando a quelli realizzati da Carlo Scarpa o, più recentemente da Tadao Ando. Dimenticando spesso che la bellezza della città è il risultato di realizzazioni delle ultime tendenze nel corso di tanti secoli. Ma, se nella pratica, l’architettura contemporanea ha una storia come quella del ponte di Calatrava, lo scetticismo è (purtroppo) giustificato.
L’articolo Il ponte di Calatrava e i suoi tanti problemi sembra essere il primo su Living.