In Engadina un appartamento Anni 70 trasformato in chiave contemporanea

Nascosto tra le vette dell’alta Engadina, ai piedi dell’Albula Pass, il piccolo villaggio di La Punt Chamues è un’oasi di pace e di tranquillità, lontana dalla mondanità di Saint Moritz. È qui, all’interno di una tipica casa engadinese, che l’architetta e designer Michelle Riboldi ha curato la ristrutturazione di un vecchio appartamento di 90 mq trasformandolo in un rifugio caldo e accogliente dallo stile montano contemporaneo.

«Quando ho trovato questo appartamento per la mia famiglia, non era mai stato rinnovato dagli anni ’70 e, non avendo particolari elementi architettonici storici da preservare, ho optato per una ristrutturazione integrale con l’idea di creare degli spazi che reinterpretassero in chiave contemporanea l’estetica accogliente e autentica di una casa in montagna», racconta la progettista.

Nonostante la metratura ridotta, l’appartamento è stato suddiviso in maniera molto funzionale per ottenere un soggiorno arioso con cucina a vista, due camere da letto e due piccoli bagni. Con l’intento di creare una delicata armonia in sintonia con la natura, Michelle Riboldi racconta di aver selezionato materiali naturali e una palette di colori chiari per dare la sensazione di trovarsi in un rifugio ovattato. Protagonista è il rovere: lo ritroviamo nelle finiture architettoniche, a pavimento, sulle porte, nelle boiserie e negli arredi. È accostato al traverno bianco, che pur non essendo una pietra locale, con la sua venatura delicata che sfuma dal grigio al panna si accosta naturalmente al color miele del rovere.

Per ottimizzare al meglio lo spazio, quasi tutto è disegnato su misura, dalla cucina al tavolo da pranzo, dalle poltrone ai comodini. «Persino qualche dipinto, come quello scorrevole che nel soggiorno nasconde la tv», commenta l’architetta che aggiunge: «Gli spazi sono definiti da una linea architettonica pulita ed essenziale; per questo ho scelto arredi e oggetti che avessero al contrario forme organiche e gentili come le Cherner chair, la scultura in lana di pecora di Inês Schertel sopra al divano, le lampade di Noguchi e anche la composizione di fiori a parete, che posso cambiare a seconda delle stagioni. Penso che un’architettura essenziale dia la possibilità di trasformare gli spazi nel tempo, perché una casa non è mai finita, si aggiunge, si toglie e si cambia mano a mano che la si vive».

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