Le famiglie Hay e Werner sono amiche da qualche anno quando decidono di comprare assieme, su FaceTime, una villa in provincia di Brindisi. Era il 2020, ma l’acquisto da remoto, assicurano, non è stato un azzardo. Conoscevano bene la zona per via delle loro vacanze estive.
Gli Hay, Rolf e Mette, sono i fondatori a Copenhagen dell’omonimo marchio di mobili e accessori per la casa, mentre i Werner, Martin e Barbara detta ‘Bibi’, sono rispettivamente un regista pluripremiato e la proprietaria della boutique Holly Golightly, ora chiusa, ma un tempo l’indirizzo di riferimento per la moda, sempre nella capitale danese.
In comune, oltre all’amore per la Puglia, un certo occhio allenato alla bellezza che ‘funziona’ anche in videochiamata. Per quanto abbandonata da 25 anni e coperta da una patina opaca, Villa Colucci ha un’ottima ossatura: storica testimonianza del patrimonio dei Colucci, una famiglia di ricchi possidenti del Fasanese con una grande passione per le innovazioni tecniche del primo Novecento, tanto da affidare la costruzione della casa a Angelo Messeni, l’ingegnere del Teatro Petruzzelli di Bari.
Questo spiega il layout non convenzionale, ritmato da tanti spazi comuni, tranquilli e accoglienti – al primo piano c’è perfino un bar –, che ben si prestano alla condivisione e (anche) all’affitto. En bloc, tutto assieme: 478 metri quadrati, 10 camere da letto, altrettanti bagni, una piscina, un trullo e 20.000 metri quadrati di bosco.
Costo: tra 20mila e 30mila euro a settimana, ma ne vale la pena, non fosse altro per vedere da vicino come l’ospitalità del Bel Paese (sulla facciata c’è un ‘salve’ che la dice lunga) possa convivere con l’estetica scandinava. «Lusso discreto», specifica Mette Hay.
«Un mix di calore italiano e sobrietà del Nord Europa. Pensate: pietra rustica abbinata a tessuti di lino naturali, mobili minimalisti e arte contemporanea. L’ambiente è ospitale e concreto. Mai ostentato». Punto di partenza: il restauro e non la ristrutturazione – ci tengono a specificarlo –, che avrebbe potuto sovrascriverne il carattere.
«Abbiamo invece lavorato con ciò che era presente, rivelandone la bellezza, non reinventandola», continua Rolf. Tutto ciò che era recuperabile è stato rimesso a nuovo dagli artigiani locali: porte, finestre, persiane.
Una sfida far passare l’impianto elettrico lungo le pareti per non danneggiare i pavimenti originali e i soffitti affrescati. «Abbiamo integrato i sistemi in modo discreto», aggiunge Martin Werner. «Aria condizionata, riscaldamento, pannelli solari dovevano avere il minimo impatto visivo. Persino le aggiunte, come la piscina a scacchiera, sono state progettate per richiamare il linguaggio storico della villa e non per sopraffarlo».
Nessuna competizione architettonica, dunque, e neppure personale – ne vanno molto fieri –, nonostante la mole di decisioni da prendere. Solo qualche discussione sui toni dei colori e sulle scelte del layout, ma in generale le divergenze, assicurano, hanno portato soluzioni migliori. Tra queste i soffitti a righe a tema circense, che danno un senso di teatralità e giocosità agli interni. «È un omaggio alla fantasia e all’infanzia, realizzato con raffinatezza e maestria», racconta Bibi.
Se è insolito che quattro amici vadano così d’accordo, è ancora più raro che apprezzino la stessa arte. Eppure succede. Villa Colucci è disseminata di pezzi che amano: dagli uncinetti di Lulu Kaalund alle ceramiche di Karl Monies, fino ai tarocchi ricamanti di Berenike Corcuera. Opere audaci e scultoree nelle stanze grandi, piccole e discrete negli spazi intimi.
«Si tratta di creare un ritmo visivo in tutta la casa», fatto di tensioni, stupori, accordi di elementi apparentemente inconciliabili, passioni e storie condivise. Ce ne sono alcune in arrivo anche per gli ospiti: degustazioni, laboratori creativi, corsi di cucina, forse la vendemmia. Il vigneto c’è, giovane giovane. Le prime bottiglie probabilmente fra tre anni. L’etichetta? Hay-Werner.
dove: Villa Colucci, viale delle Acacie 31, Selva di Fasano (BR)
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