Colorato, leggero, sorprendente: l’Arlecchino è molto più di un treno. È un’architettura su rotaia, una visione all’avanguardia del viaggio e del comfort firmata da Gio Ponti e Giulio Minoletti. Progettato nei primi anni Cinquanta per le Ferrovie dello Stato Italiane e costruito da Breda, il convoglio ETR 250 rappresentava l’avanguardia italiana in fatto di tecnologia e design. Con i suoi interni ricercati, le poltrone colorate, gli arredi in legno, le vetrate panoramiche e la linea filante che richiama il dinamismo dei jet, il treno incarnava una nuova idea di modernità democratica e raffinata.
Settant’anni dopo, grazie a un accurato intervento di restauro condotto da Fondazione FS Italiane, l’Arlecchino è tornato a viaggiare: oggi è utilizzato per progetti speciali e noleggi privati. Come il viaggio promosso da Broadview Materials durante la Design Week 2025 o, sempre durante il Salone del Mobile 2025, il simposio Prada Frames ideato da Formafantasma e ospitato a bordo del treno, cornice ideale per riflessioni sul rapporto tra mobilità, design e ambiente.
Più che un’operazione nostalgia, il recupero dell’Arlecchino è una dichiarazione d’intenti: riportare alla luce un pezzo di storia del design italiano, restituendolo all’uso, alla vista, all’immaginazione. È anche un esempio virtuoso di come il patrimonio ferroviario possa dialogare con il presente, attivando nuove narrazioni. L’esperienza di viaggio sul treno — oggi dotato di tutti i comfort ma con l’allestimento d’epoca fedelmente conservato — diventa un’immersione sensoriale nel linguaggio pontiano: superfici laminate, geometrie colorate, dettagli curatissimi che raccontano la volontà di «fare dell’utile il bello», come amava dire l’architetto.

A colpire è la qualità dei dettagli. Le partizioni in vetro che definiscono gli spazi senza dividerli. Le poltrone girevoli in tessuti coordinati. Le finestre panoramiche nella lounge di coda, pensata come un salotto da cui osservare il paesaggio. E poi la coerenza estetica di ogni elemento, dalle maniglie alle luci, in una sintesi tra funzionalità e poesia che è il tratto distintivo del lavoro di Ponti.
Oggi, salire sull’Arlecchino significa entrare in un manifesto del design italiano del dopoguerra. Un gesto estetico, tecnico e culturale, che guarda avanti senza dimenticare da dove arriva. Un’idea di viaggiare che non ha perso velocità, e che forse oggi, più che mai, abbiamo bisogno di riscoprire.
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