La casa ritrovata «modesta e commovente» progettata da Gianfranco Frattini negli anni 50 a Milano

Foto Jessica Soffiati

Al quarto piano di un elegante edificio di appartamenti in zona Isola, è stato riscoperto di recente uno dei primissimi progetti di interni firmati a Milano da Gianfranco Frattini. L’abitazione, non presente negli archivi che raccolgono l’opera omnia del grande designer, sembra congelata in una sorta di capsula del tempo che ne ha fissato intatte, per oltre settant’anni, le atmosfere e le finiture Mid-century.

Un’istantanea d’epoca, esplorabile in tre dimensioni e in scala reale. Gianfranco Frattini fa parte della generazione d’oro di architetti e designer che fra gli Anni 50 e gli Anni 70 ha contribuito a rivoluzionare radicalmente la cultura del progetto in Italia. Dapprima è stato uno dei più brillanti allievi e collaboratori di Gio Ponti; poi, mettendosi in proprio, ha firmato alcuni tra i pezzi più iconici del design made in Italy per marchi come Cassina, Artemide, Acerbis.

Come architetto d’interni ha lavorato inizialmente soprattutto a Milano, per poi espandere la rete degli incarichi verso l’amata Portofino e il resto del Paese. Da Ponti, suo indiscusso maestro spirituale, Frattini ha ereditato due assiomi fondamentali che lo hanno sempre seguito nella traiettoria della sua carriera: il primo è la cura ossessiva per gli aspetti minimi e artigianali nella produzione degli oggetti; il secondo è una visione integrata e complessiva dell’abitare, che rifiuta di separare la scatola architettonica dai suoi elementi d’arredo. Entrambi questi principi sono già visibili, in nuce, nell’appartamento ritrovato.

La casa ritrovata «modesta e commovente» progettata da Gianfranco Frattini negli anni 50 a Milano
Foto Jessica Soffiati

Il committente dell’abitazione aveva conosciuto un giovanissimo Frattini, fresco di laurea al Politecnico, proprio nello studio di Gio Ponti, incaricandolo nel 1954 di allestire una dimora con due camere e uno studio per la sua giovane famiglia. «Dal racconto degli eredi del cliente sappiamo che si era instaurato un rapporto cordiale e caloroso tra architetto e committente», ci dice Emanuela Frattini Magnusson, la figlia di Gianfranco. Architetta anche lei, si divide tra New York e Milano e insieme al fratello Marco si preoccupa di mantenere viva, grazie all’Archivio Gianfranco Frattini, la memoria del padre. «Il risultato del progetto non solo ha soddisfatto pienamente le aspettative del cliente ma ha generato un rispetto così profondo e totale da essere tramandato alla generazione seguente: i figli del committente sono stati impeccabili nel conservare integralmente sia gli arredi sia le finiture, ed è così che è arrivato sino a noi», continua Emanuela. Come in tutti gli interventi di Frattini, nessun dettaglio è lasciato al caso. È notevole, per esempio, il modo irrituale con cui ha sfruttato il corridoio tradizionale, alleggerendolo della sua importanza grazie all’uso di una tenda a pacchetto (non più presente) al posto della porta: in tal modo è stato di fatto integrato con la zona giorno e con l’ingresso, quest’ultimo caratterizzato dalla splendida vetrata rossa con decori, disegnata su misura. L’uso del colore, d’altronde, è ambizioso, sebbene tradisca ancora l’eco dell’influenza pontiana, con i gialli e gli arancioni ai soffitti che si confrontano con i blu e i verdoni dei mobili laccati. Queste tonalità così spiccate si sarebbero asciugate e desaturate nei progetti successivi, senza mai perdere la loro importanza.

Questa abitazione, con il senno di poi, rivela in nuce la ricca filosofia progettuale di mio padre

La casa ritrovata «modesta e commovente» progettata da Gianfranco Frattini negli anni 50 a Milano
Foto Jessica Soffiati

Elegantissimi e sobri i pavimenti, con la palladiana bianca con inserti neri a grana grossa, tipica del periodo, adottata nelle aree di connessione, mentre per living e cucina è stato scelto un marmo verde più pregiato legato con cementi neri; listelli di parquet per le camere. Ciò che stupisce di più, di questo lavoro giovanile, è la perfetta fusione degli arredi (tutti su misura) con gli spazi: una finezza che già rivela la cifra stilistica più riconoscibile dei futuri progetti di Frattini. Questa sensibilità la si scorge un po’ ovunque, a ben guardare: nella camera secondaria, dove l’armadio con i montanti in ferro diventa un séparé, nelle pareti in legno attrezzate di mensole, nella grande libreria a tutt’altezza, nella piccola scrivania pieghevole. Tutto è integrato con tutto, all’interno di un’opera totale.

«È una casa modesta e commovente al tempo stesso», chiosa Emanuela Frattini. «Modesta perché progettata con enorme cura ma senza fare grandi proclami o pretendere chissà quale attenzione: un progetto che doveva essere vissuto semplicemente come una casa quotidiana per una giovane famiglia. Commovente perché, una volta riscoperta, l’abitazione rivela già in nuce, con il senno di poi, la ricca filosofia di progetto di mio padre: un concetto che sarebbe sbocciato pienamente solo dopo».

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