Cosa succede quando il design smette di rivolgersi all’uomo e inizia a pensare a un futuro in cui possano prosperare tutte le specie viventi? Si pone questa domanda More than Human, una mostra di estrema attualità che invita a riflettere sul ruolo del progetto nel XXI secolo, in scena dall’11 luglio fino al 5 ottobre 20235 al Design Museum di Londra.
Un racconto visivo e concettuale che ruota intorno a un’ampia varietà di linguaggi, dall’arte contemporanea all’architettura, dal design di prodotto alle installazioni interattive: 140 opere di oltre 50 artisti, architetti e designer, selezionate con l’obiettivo di ripensare al progetto come mezzo per coesistere e valorizzare non solo l’umanità, ma l’intero mondo vivente.
La tappezzeria monumentale di Alexandra Daisy Ginsberg esplora il punto di vista degli impollinatori; il murale di 8 metri del collettivo Moth (More Than Human Life Project) rappresenta il movimento globale per i diritti legali dei fiumi e dei corsi d’acqua; il lavoro dell’architetto brasiliano Paulo Tavares con le comunità indigene di San Paolo mappa i territori in lotta per il riconoscimento legale; la ricerca visuale e ambientale della designer cinese Feifei Zhou indaga le pratiche di pesca nelle comunità costiere di Timor in Indonesia.
«Non la solita mostra sul design sostenibile – sostiene Justin McGuirk, direttore di Future Observatory, programma nazionale di ricerca sul design con cui il museo ha collaborato per la realizzazione della mostra –, ma un ripensamento radicale del suo ruolo nel mondo. Sebbene gran parte dei lavori esposti siano di natura esplorativa, suggeriscono all’essere umano di utilizzare il design per la prosperità di tutti i sistemi viventi da cui dipende». Una visione condivisa anche da Rebecca Lewin, senior curator del museo, che sottolinea come l’intento sia quello di ispirare, informare e restituire speranza, senza negare la complessità della crisi climatica.

Le tre sezioni in cui è suddivisa la mostra ci inducono a immaginare un mondo in cui l’uomo non ha più la priorità rispetto ai diritti e ai bisogni degli altri esseri viventi. Being Landscape, il design come appartenenza, ci ricorda che l’essere umano non è separato dalla natura, ma parte integrante di un ecosistema condiviso. Making with the World, soluzioni per il pianeta, esplora proposte concrete e speculative per un design orientato non solo alla funzionalità umana, ma alla rigenerazione ambientale. Shifting Perspective, in ultimo, ovvero ciò che vedono gli altri, ci spinge a guardare il mondo attraverso gli occhi di altri esseri viventi. Un esercizio di empatia ma anche un potente strumento progettuale.
More than Human si conclude con un’enorme installazione a base di alghe realizzata da Julia Lohmann, designer e ricercatrice di origine tedesca che mette in discussione i sistemi di valori etici e materiali alla base del nostro rapporto con la flora e la fauna. Un manifesto e una promessa insieme, una via plausibile allo sviluppo sostenibile.

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