Nell’interpretare un interno milanese in zona Isola, l’architetto Luciano Giorgi mette in dialogo due secoli di design con sofisticato gusto neoclassico. L’ispirazione la prende dalla storia del palazzo che lo ospita, un’architettura d’autore fine anni Sessanta ripensata radicalmente da Asti Architetti, lo stesso studio del restyling della Torre Velasca. «La Milano che si apre oltre il perimetro del terrazzo è in grande trasformazione. Il dialogo/scontro tra l’eredità di ciò che è stato fatto e il nuovo che sta prendendo forma sono al centro del progetto di cambiamento in tutte le sue scale, della città e di questa casa nata dal refurbishing di un’architettura di Melchiorre Bega del 1968», dice il progettista.
Bega fu autore di molte opere italiane del boom economico, una per tutte la Torre Galfa in zona Stazione Centrale. Questo di Alserio 10 è un edificio curvilineo di cemento armato, oggi scandito da terrazze organiche innestate in facciata come una seconda pelle. «L’intervento ha trasfigurato la memoria, restano intatte le curve degli spazi interni che hanno dato l’avvio al mio progetto: la morbidezza in tutte le sue declinazioni è la chiave di lettura».
Non è la moda dei revival a interessare Giorgi, che coglie la sfida del tempo a modo suo e si cimenta con una nuova idea di classico densa di riferimenti e citazioni, nascoste tra le righe di un discorso al presente. «L’atmosfera è ibrida, attinge sia dalla Milano materica della seconda metà del Novecento – con le essenze lignee e marmoree, il cuoio, i tessuti – sia dallo stile internazionale contemporaneo, astratto e iper-disegnato». Cucita su misura per il dirigente di una multinazionale americana, la casa mette in relazione la collezione di opere del proprietario – appassionato degli artisti multimediali statunitensi come T.J Wilcox e Wade Guyton – i suoi arredi su disegno, i maestri di ieri (Bellini e Scarpa, Colombo e Sottsass) e quelli di oggi (Urquiola, Bouroullec, Barber & Osgerby).
A enfatizzare l’atmosfera senza tempo, la ponderata palette di materiali e colori evocativi del Mid-century. Il parquet di rovere massello e i pannelli in noce canaletto danno un taglio maschile, ammorbidito dalla gamma dei toni neutri in nuances, dagli intonaci ai rivestimenti, ai tendaggi. La cucina in noce è scultorea: «L’ho disegnata per me e adesso tutti i clienti me la chiedono. Formale e composta, è ricercata nei dettagli. Si apre sul living con una forte presenza scenica, per poi scomparire quando necessario grazie a una boiserie modulare, che scorre sui binari quasi fosse un sipario». Il salone doppio è il cuore dello spazio: «La vista è straordinaria, va dall’UniCredit Tower al Bosco Verticale, abbracciando lo skyline high-rise di Porta Nuova».
Nell’ambiente ovattato, inondato da una luce dorata che filtra dai panneggi a tutta altezza, ogni oggetto ha il proprio peso specifico fuso in un equilibrio sapientemente orientato da Giorgi, che punta sulle forme soft e arrotondate di divani, tavoli e tappeti. Oltre a incarnare lo spirito della nuova Milano, il palazzo di Bega riserva una curiosità legata al suo passato: ospitava la rivista in abbonamento Selezione dal Reader’s Digest. Versione italiana del mensile statunitense, il classico per famiglie proponeva il sunto di articoli internazionali, l’estratto di un romanzo, i primi compendi come Il Grande Atlante mondiale o il Vocabolario della Lingua Italiana di Devoto-Oli del 1973. «La rivista, le architetture del 900 milanese, i mobili del design nascente fanno tutti parte di quell’immaginario che aveva come costante l’eleganza. Era un periodo incredibile e ottimista, con quell’inconfondibile allure borghese che ho preso d’ispirazione per reinventare il mio bon ton».

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