Monumentali, muscolosi, imponenti. Gli edifici ritratti da Stefano Perego nel volume fotografico Concrete, mon amour pubblicato da Gestalten sembrano delle creature mitologiche metà architetture e metà vestigia di un tempo che fu.
Fotografo conosciuto per il suo lavoro di documentazione di strutture moderniste, brutaliste e postmoderne in tutto il mondo, racconta ogni edificio con precisione cinematografica, valorizzandone l’interazione tra luce e cemento, forma e superficie.
Come scrive Eric Baldwin nella prefazione del volume, Perego «non tratta queste strutture come reliquie statiche; piuttosto, ne rivela la risonanza come testimonianze viventi di zelo sperimentale, ideali sociali e maestria artigianale. Questi edifici sono grezzi e deliberati. Alcuni sono abbandonati da tempo e rischiano di essere persi per sempre; altri sono diventati veri e propri punti di riferimento e icone, ancora in uso e protetti».
Nel titolo – Concrete, mon amour – c’è la perfetta sintesi dello spirito di questo volume, ovvero raccontare con sguardo innamorato le strutture in cemento del modernismo del dopoguerra non tanto e non solo dal punto di vista architettonico, quanto piuttosto come testimonianze viventi di un’epoca che continua a plasmare il nostro ambiente costruito e la nostra memoria culturale.

Il grande revival che sta vivendo questo movimento oggi è un indizio chiaro e forte di un sentimento collettivo che anela a stabilità, essenzialità, autenticità, con una vena nostalgica che interpreta il cemento attraverso la lente del nostro tempo. Le istanze ambientali, i temi di rigenerazione urbana e di conservazione del costruito hanno cambiato la nostra percezione di questi edifici, un tempo considerati più funzionali che estetici, simbolo di una ricostruzione pragmatica e democratica. Perego ci porta dunque attraverso i paesaggi di tutta Europa, organizzata in sezioni specifiche (sì, i Balcani ci sono ovviamente), e del Giappone, introducendoci alle tipologie più diverse: case private, uffici, cohousing, chiese, università, infrastrutture.
Qualche esempio? L’iconica, e demolita nel 2022, Nakagin Capsule Tower a Tokyo di Kishō Kurokawa. Opere degne di nota in Georgia, come il Monumento alla Pace e la Banca di Georgia. Esempi armeni, tra cui la Torre dei Trampolini e la Stazione degli Autobus di Hrazdan. Strutture lettoni e lituane, tra cui le Torri Residenziali a Riga e il Memoriale del Nono Forte a Kaunas. Opere tedesche come lo Skulpturenmuseum Glaskasten a Marl o edifici caratteristici come il Mäusebunker e il Bierpinsel a Berlino.

La potenza espressiva di questi edifici è un dato di fatto, a prescindere dal pregio instagrammabile che possiamo attribuire loro oggi. Anzi, siamo sicuri che sopravvivranno anche alla viralità digitale del momento, mantenendosi autentici e trascendenti per lungo tempo ancora.
Concrete, mon amour
The Raw Imprint Of Modernism
Gestalten, 240 pp, € 50
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