Il marmo maculato dei pezzi unici di Aphanès non è artificio, è natura. Roberto Sironi lo scava da un raro blocco di pietra e lo modella in forme minimali: «La caratteristica più evidente di questo materiale è la straordinaria struttura interna, che con il taglio e la levigatura a mano rivela una superficie caleidoscopica». Quarantadue anni, progettista sui generis, docente al Politecnico di Milano e figura di spicco del design da collezione internazionale, Sironi studia e manipola la materia cruda per creare narrazioni potenti che dialogano con la storia.

Quando l’azienda svizzera Laufen gli chiede di mettere a punto una palette di 12 colori per le sue ceramiche sanitarie, il creativo trova ispirazione nell’arte antica. «Perché inventare colori nuovi? Basta guardare indietro a sfumature naturali e raffinatissime: dal blu lapislazzulo persiano al celadon verde giada della Cina imperiale».
Nasce così una classificazione cromatica filologica di manufatti dal 4.000 a.C. al 1.500 d.C. trovati sui database dei più importanti musei del mondo. La ricerca ha poi generato la collezione di vasi Colour Archaeology protagonista di una mostra itinerante: prossime tappe Amsterdam e Miami (a dicembre).

Nella serie Ruins, invece, Sironi mescola l’archeologia industriale con quella classica per costruire progetti dal carattere sospeso, caratterizzati dall’uso del bronzo e dei marmi ricostituiti. Se il tavolo basso in foto ha una base ispirata alle strutture ottocentesche di Gustave Eiffel, gli elementi a parete evocano gli affreschi romani, interpretati con cromie contemporanee.
L’idea è piaciuta a Fendi, che lo ha coinvolto nell’arredo bespoke delle sue boutique in giro per il mondo. L’ultima ha appena aperto i battenti a Milano, in un palazzo Anni 30 di via Montenapoleone. In corrispondenza dell’entrata su corso Matteotti, il designer ha immaginato di fare atterrare un frammento lapideo di dimensioni monumentali rivestito a sorpresa in Marmo artificiale di Rima, uno stucco pittorico.

«Questa mescola di gesso alabastrino e pigmenti inventata a metà 800 è una variante sostenibile del marmo. Ha le stesse qualità espressive, e permette di liberare la creatività sia in termini cromatici, sia formali. Qui ho declinato il rivestimento nei toni blu cobalto, terra bruciata e ocra. Mi piace ricordare che l’Hermitage di San Pietroburgo e le corti europee del periodo eclettico sono state decorate con la stessa tecnica».

Durante l’ultima Design Week le sperimentazioni materiche di Sironi sono approdate al mondo tessile. I tappeti intessuti a mano di Hypercode suggeriscono un nuovo linguaggio estetico che fonde graffiti urbani, incisioni rupestri e simboli di lingue mai tradotte, come l’etrusco, «a testimoniare il bisogno innato dell’umanità di lasciare un segno fisico nell’ambiente, un promemoria con cui comunicare attraverso il tempo e lo spazio».

Con la serie Fuoco, infine, Sironi riflette sull’impatto dell’uomo sul pianeta: nei boschi alpini raccoglie tronchi carbonizzati dagli incendi e li riproduce in bronzo con la tecnica della cera persa: «Sono oggetti funzionali e poetici che restituiscono la bellezza della fragilità».
L’articolo Roberto Sironi e la materia come racconto sembra essere il primo su Living.


