Costruita nel 1922 a West Hollywood, la Kings Road House – anche nota come Schindler House – fu il frutto della visione condivisa tra Rudolf Schindler, architetto viennese emigrato giovanissimo negli Stati Uniti, e Pauline Gibling, scrittrice, attivista progressista e compositrice americana, nonché voce influente a sostegno dell’arte moderna. Nel tradurre in forma architettonica l’interesse per uno stile di vita alternativo, Schindler concepì la loro casa non come una semplice residenza privata, ma come un rifugio modernista, realizzato in cemento, vetro, tela, legno di sequoia, e pensato per accogliere spiriti affini e offrire un’alternativa radicale all’abitare tradizionale e borghese.
La dimora degli Schindler fu di fatto progettata attorno all’idea, modernissima, dello shared living, esperimento sociale da ‘condividere’ con una coppia di amici: l’artista Marian Da Camara e l’ingegnere appaltatore Clyde Burgess Chace. Strutturata come una bifamiliare, la casa era suddivisa in due ali, ciascuna con un proprio cortile di pertinenza (Schindler Courtyard e Chace Courtyard), e comprendeva stanze-studio indipendenti per ciascun inquilino, oltre a spazi comuni, come la cucina, e tetti praticabili con verande per dormire all’aperto. La soglia tra interno ed esterno si dissolveva grazie alla presenza di pannelli scorrevoli di reminiscenza giapponese, e patii che amplificavano la continuità spaziale e aprivano gli ambienti sul giardino, punteggiato da essenze vegetali accuratamente selezionate dagli Schindler. Sul retro, una dependance per gli ospiti, dotata di tutti i servizi, completava la proprietà.
Kings Road divenne negli anni punto di riferimento per l’attività politica losangelina di sinistra, vivace crocevia di incontri sociali ai quali partecipavano figure di spicco del mondo dell’arte, della pittura e della letteratura, ma fu soprattutto sede del laboratorio architettonico da cui germogliò il seme del modernismo della California meridionale. Schindler vi lavorò alle sue opere più emblematiche, riuscendo a costruirsi una buona notorietà come progettista di case unifamiliari (tra queste, la villa Packard a Pasadena, la Lovell Beach House, il Pueblo Ribera Court, gli appartamenti Jardinette e la Wolfe House sull’isola di Catalina), inoltre, vi condivise anche un’intensa, seppur breve, parentesi professionale e abitativa con il connazionale Richard Neutra.
Schindler e Neutra
Amico di lunga data di Rudolph Schindler, con il quale aveva condiviso gli studi all’Imperial Università di Vienna, nel 1925 Richard Neutra si trasferì con la moglie, la musicista monacense Dione Niedermann, e il loro primogenito Frank Lucian, presso la casa di Kings Road. I tre piombarono dal nulla in un mondo vibrante, intriso di idealismo, arte, musica e feste che animavano le calde notti californiane. Un ambiente che non apparteneva certo loro, ma che inizialmente li conquistò. Era la magia di Hollywood: capace di sedurre chiunque, persino i più morigerati moralisti. Ma fu solo questione di tempo prima che i Neutra – che nel frattempo avevano avuto il loro secondogenito, Dion – cominciassero a mal tollerare lo stile di vita bohémien e le abitudini “progressiste” degli Schindler. Vivere e lavorare in una casa progettata per ridurre al minimo la privacy, costantemente animata da un continuo viavai di ospiti che spesso si trattenevano fino a notte fonda, finì per pesare sulla loro quotidianità. Del resto, gli stessi Schinder si separarono nel 1927.
Durante i cinque anni di convivenza, Rudolph Schindler e Richard Neutra parteciparono insieme al concorso per la sede della Lega delle Nazioni di Ginevra (1926). La proposta, rimasta sulla carta, venne selezionata l’anno seguente in occasione di una mostra tedesca, ma i disegni furono presentati solo a nome di Neutra. Se questo episodio incrinò i rapporti tra i due, la rottura si fece definitiva quando Neutra soffiò a Schindler l’incarico per il progetto della Lovell Health House, inizialmente a lui destinato. Anche se non è chiaro se fu una scelta autonoma del committente – il celebre medico naturopata Philip Lovell, noto per la sua rubrica “Care of the Body” sul Los Angeles Times – o se Neutra ne abbia effettivamente approfittato, è certo che a sfavorire la commessa furono gli sforamenti di budget e i problemi tecnici emersi durante il precedente progetto affidato dai Lovell a Schindler (ovvero la casa sulla spiaggia a Newport Beach), nonché la sospetta relazione che quest’ultimo avrebbe intrattenuto con Leah Press, moglie di Philip Lovell.
Grazie alla Lovell Health House (1929), prima residenza con struttura in acciaio mai realizzata negli Stati Uniti, Richard Neutra conquistò la fama internazionale e, nel 1949, apparve persino sulla copertina del Time. Entro la fine del 1930 lasciò definitivamente Kings Road e interruppe ogni rapporto con Schindler, che invece vi rimase con il figlio Mark. Dal suo studio domestico continuò a progettare architetture brillanti ed eccentriche, come la Buck, la Kallis, la Tischler e la Janson House, e brevettò l’innovativo sistema costruttivo Schindler Frame. Nel 1953, quasi trent’anni dopo la rottura, i due architetti si ritrovarono inaspettatamente nella stessa stanza d’ospedale, al Cedars of Lebanon di Los Angeles. Anziani e malati, trascorsero qualche giorno tra conversazioni in tedesco e risate, segno che il loro legame non si era del tutto spezzato. Rudolph Schindler morì poco dopo, a 65 anni.
La casa oggi
Pauline Schindler, tornata a Kings Road sul finire degli anni Trenta, condivise la casa con il marito sino al giorno della sua scomparsa, abitando insieme al figlio l’ala un tempo di pertinenza dai Chace. Fu lei, negli anni Settanta, a cercare un modo per salvaguardarla. Fondò così la Friends of the Schindler House (FOSH), che nel 1980 riuscì ad acquistare la proprietà grazie al sostegno dell’Ufficio per la Conservazione dei Beni Storici della California. Nel 1994, in collaborazione con il MAK – Museo Austriaco delle Arti Applicate di Vienna, nacque il MAK Center for Art and Architecture di Los Angeles, con sede proprio presso la Schindler House. Oggi il centro porta avanti un ricco programma di mostre, pubblicazioni e attività culturali, in continuità con la missione originaria della FOSH, e lo spirito sperimentale di quella che Kathryn Smith, storia dell’architettura, definì “la prima casa moderna”.
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