Camminare diventa un gesto di scoperta nel Solo Sculpture Trail sulle colline della Matarraña, a sud di Barcellona, nell’entroterra tra Catalogna e Valencia. Il paesaggio di ulivi, vigneti e boschi si apre a un percorso lungo tre chilometri che accoglie installazioni e sculture di artisti internazionali, trasformando questo angolo remoto dell’Aragona in un museo diffuso e permanente.
Un’iniziativa voluta da Eva Albarrán e Christian Bourdais della galleria Albarrán Bourdais, già fondatori del progetto Solo Houses, collezione di architetture sperimentali utilizzate come location per shooting e residenze temporanee costruite nel medesimo territorio. Alle creazioni site-specific di 16 artisti internazionali ogni due anni si aggiungeranno nuove opere. Tutte insieme invitano, e inviteranno, a un’esperienza contemplativa e condivisa.
Le architetture di Solo Houses
Il progetto delle Solo Houses si ispira allo spirito delle Case Study Houses californiane. L’idea è semplice, persino utopica: invitare alcuni tra gli architetti più visionari di oggi a progettare case senza vincoli, da inserire in un paesaggio incontaminato a ridosso di un parco naturale. Il risultato non è un rifugio né una collezione, ma una sorta di laboratorio a cielo aperto, sospeso tra terra e immaginazione. Attualmente sorgono due case: una studiata dallo studio cileno Pezo von Ellrichshausen, l’altra da Office Kgdvs. Come tutte nella serie, portano il nome Solo seguito dall’autore.

Solo Pezo, firmata da Pezo von Ellrichshausen, è un quadrato in cemento sollevato da terra, che si libra come una piattaforma. Rigorosa nella simmetria ma sensuale nei materiali, racchiude una piscina e un cortile centrale secondo la tradizione domestica mediterranea. Le verande con ampie vetrate pieghevoli sfumano il confine tra interno ed esterno, trasformando la casa in un’estensione respirante del paesaggio. Poco distante, Solo Office dello studio belga Office Kgdvs si sviluppa come un anello continuo di colonne e facciate apribili intorno a un giardino-patio con piscina: una casa porosa e paradossale, monumentale e al tempo stesso leggera, permanente ma aperta al vento. Non è tanto un oggetto collocato nel bosco, quanto una cornice attraverso cui il bosco si rivela.
Le opere di Solo Sculpture Trail
Ogni scultura è stata collocata in un punto preciso, in dialogo con la natura circostante, secondo una curatela che privilegia il tempo lento, l’ascolto, l’interazione con il paesaggio.Qui le opere non si impongono come monumenti, ma si rivelano lungo il cammino. Le sculture – di Carlos Amorales, Iván Argote, Christian Boltanski, Pedro Cabrita Reis, Jordi Colomer, Claudia Comte, Jose Dávila, Mona Hatoum, Koo Jeong A, Alicja Kwade, Cristina Lucas, Olivier Mosset, Sofía Salazar Rosales, Fernando Sánchez Castillo, Superflex, Héctor Zamora – non sono aggiunte al paesaggio, ma interventi dentro di esso. Invitano alla pausa, alla presenza.

Claudia Comte è presente con due opere: Five Marble Leaves – grandi foglie di marmo che raccontano la fragilità degli ecosistemi – e Burning Sunset, un murale in gradienti digitali di rosso e oro che evoca l’ipnotica ondulazione del fuoco.
Orbital dell’artista libanese Mona Hatoum è un globo in acciaio e cemento che evoca un mondo in bilico. L’installazione No? Future! di Jordi Colomer trasforma il celebre slogan dei Sex Pistols in una domanda intermittente, che invita alla ribellione contro l’establishment alla luce di un futuro incerto.
Il gruppo Superflex si presenta con Interspecies Assembly: una serie di sculture in marmo, disposte a semicerchio. I dolmen contemporanei di José Dávila di The Act of Being Together sono pietre disposte in equilibrio tra precarietà e forza. Anche l’altra sua opera – Los límites de lo posible – fa apparire cemento e pietra bloccati in una tensione silenziosa.

MS di Koo Jeong A è un anello di Möbius trasformato in skate park scultoreo, che funziona come monumento astratto e allo stesso tempo come invito al movimento. L’artista minimalista Olivier Mosset ha dato il suo contributo con Untitled, una serie di panche identiche disposte in sequenza che invitano a sedersi e contemplare il silenzio.
Ci sono poi i ponti poetici di Iván Argote, con versi che possono essere letti mentre li si attraversa; le strutture iperboliche di Héctor Zamora; le oltre duecento piccole campane giapponesi di Animitas di Christian Boltanski, che suonano al vento, emettendo quella che l’artista francese descrisse come la “musica delle anime”.

«Con il Solo Sculpture Trail, gli artisti sono invitati a creare e presentare opere oltre i confini tradizionali della galleria, in un dialogo permanente con la natura. Le opere chiedono una pausa e una contemplazione, instaurando un ecosistema singolare con il paesaggio e il visitatore» spiegano Albarrán e Bourdais.
Con l’hotel progettato da Smiljan Radic, la cui apertura è prevista per il 2028, il percorso si arricchirà di un ulteriore tassello destinato a consolidare l’ecosistema Solo Houses, dove architettura e arte continuano a sperimentare nuove forme di dialogo con la natura.
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