Apre, al Centro Culturale Candiani di Venezia Mestre, Munch. La rivoluzione espressionista una mostra che parte da Edvard Munch per raccontare i cambiamenti nati dalla sua visione e dal suo mondo creativo. Un percorso che attraversa tre diversi secoli e collega il lavoro dell’artista norvegese all’Espressionismo tedesco, il Simbolismo italiano fino ad arrivare a interpreti contemporanee come Marina Abramović e Shirin Neshat.
La mostra curata da Elisabetta Barisoni, responsabile di Ca’ Pesaro, parte proprio dalle collezioni della Galleria Internazionale d’Arte Contemporanea veneziana (oltre ad alcuni importanti prestiti internazionali come Due anziani) per costruire un racconto che riconnette l’artista norvegese sia alle correnti artistiche dalle quali è partito sia a quelle che lui ha ispirato nei decenni successivi.

Il percorso sviluppato in sette sezioni ha come primo effetto quello di liberare Munch dalla sua aurea pop, quella cresciuta attorno all’Urlo, opera che l’ha certamente reso conosciuto a un grande pubblico per l’effetto meme che continua ad avere, ma che nasconde il valore e, appunto come emerge in questa mostra, l’influenza del suo lavoro.
Ad esempio, nell’esposizione, si scopre che la prima fama di Munch arriva da uno scandalo nel novembre 1892, quando la critica tedesca tradizionalista stronca le opere di Edvard Munch esposte Verein Bildender Künstler di Berlino. La mostra viene chiusa dopo appena una settimana e le polemiche diventano un megafono che non solo lo rende celebre in Germania, ma fa esplodere la rottura tra ambiente accademico e nuovi artisti che porterà al movimento della Secessione di Berlino.

Ma i meriti di questa mostra sono anche altri. Innanzitutto l’idea di valorizzare i grandi archivi artistici che abbiamo in Italia e che spesso non restano chiusi perché le opere non trovano spazio nelle esposizioni permanenti. Questa idea di partire da un autore e usarlo come chiave di lettura per l’arte del nostro tempo, permette, in questo caso, non solo di scoprire l’importanza di opere grafiche di Munch, fondamentali e tuttavia meno conosciute, ma anche quelle di importanti protagonisti come Guttuso o Vedova, Max Klinger o Erich Heckel.

Insomma questa idea di superare la classica mostra monografica, certamente di grande richiamo, ma spesso ripetitiva nei contenuti, offre diversi aspetti interessanti. Come detto la possibilità di riportare al pubblico le collezioni dei musei, ma anche un modo che permette di scoprire e riscoprire diversi autori. E soprattutto mettere in mostra anche lo studio fatto per esposizioni di questo tipo: costruire una connessione tra autori di epoche diverse è affascinante e spiega l’arte meglio di un’opera singola riprodotta senza controllo e fuori da ogni contesto.
dove: Centro Culturale Candiani, piazzale Candiani 7, Venezia Mestre
quando: fino al 1 marzo 2026, ingresso gratuito
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